I MILANESI hanno la sgradevole sensazione che la loro città sia tra le più bersagliate dal vandalismo, le cui conseguenze più visibili sono rappresentate dagli orridi graffiti che imbrattano la città. Non è una gran consolazione, ma la piaga colpisce tutta Italia. Basta scorrere le cronache locali delle ultime settimane e si
trova notizia di danneggiamenti che vanno dalla distruzione di aerei nell’hangar dell’AeroClub di Milano all’imbrattamento delle vie centrali di Bagheria o dei treni alla stazione di Piacenza. Le perdite provocate dal vandalismo sono enormi. Negli Stati Uniti si calcola ammontino a 8 miliardi di dollari solo per ripulire i graffiti. In Italia non ci sono statistiche nazionali, ma l’aneddotica è impressionante. Assoedilizia calcola che Milano sia la città più sporcata d’Italia e che per ripulire solo gli edifici privati (il 35% dei quali viene regolarmente imbrattato) ci vorrebbero 100 milioni (100 milioni!) di euro; i vandali costano a Trenord 12 milioni l’anno, 6,5 milioni le spese dell’Atm per ripulire carrozze e vagoni e nel quinquennio 2006 il Comune meneghino ha investito 35 milioni per sensibilizzare i cittadini e lavare muri e panchine. Basta così, il quadro è chiaro. A fronte di tali enormi danni economici e ambientali (ripulire le carrozze, ad esempio, significa utilizzare benzina e altri solventi chimici), cosa fanno le pubbliche autorità? Poco o niente. LA LEGGE praticamente lascia mano libera ai writers. Il Codice penale prevede una pena di massimo 6 mesi per il deturpamento di immobili, un anno se sono di interesse artistico e due in caso di recidiva. Poiché il termine di prescrizione per tali reatiè sei anni, è quasi impossibile che qualcuno venga condannato in via definitiva se ricorre a tutti i gradi di giudizio, meno che mai vada in galera. Le multe, basse (massimo 3.000 euro per i monumenti), sono comunque inefficaci, perché i teppistelli imbrattatori risultano spesso nullatenenti e per di più vengono dall’estero in bande, consci dell’impunità che trovano nel Belpaese. Inoltre, siccome non è consentito l’arresto in flagrante ma solo la denuncia a piede libero, i writers che vanno sotto processo si contano sulla punta delle dita. Il Comune di Milano, per parte sua, non ha più un euro per pulire la città (i privati che vogliono possono abbonarsi al servizio dell’Amsa) e la giunta Pisapia, avendo eliminato la taskforce anti-graffiti dei vigili, se ne sta con le mani in mano. Le multe che può affibbiare sono ridicole, 500 euro, e comunque nessuno le applica.
Non c’è dunque speranza? A livello normativo non si può che cambiare le norme. Non si capisce perché l’imbrattamento debba essere punito con pene meno severe del danneggiamento o del furto. Da un punto di vista economico il vandalismo é ancora più pernicioso: in ipotesi, la cosa rubata potrebbe passare in mani che la fanno fruttare in modo più efficiente, eppure le sanzioni sono gravi, fino a sei anni nel caso di circostanze aggravanti che sono numerosissime e che arrivano a dieci se le circostanze sono almeno due.
Quindi, sono necessarie pene più severe e possibilità di arresto in flagrante nonché multe più salate, con facoltà di sequestro immediato di beni dei colpevoli e obbligo di ripulitura. Ma gli enti locali non devono rimanere con le mani in mano. Ad esempio, incoraggiare e aiutare, con spese bassissime, gruppi di volontari che si uniscano per nettare i graffiti o sorvegliare alcune aree cittadine per segnalare le bande di teppisti in azione o creare un database di graffitari, sono provvedimenti facili e ammessi dalla legge. Bisognerebbe poi riassegnare ai vigili i compiti di ordine pubblico in materia e sensibilizzare nelle scuole sia gli alunni che i genitori sui danni del vandalismo, così come si fa all’estero. Insomma, che in una situazione di recessione come quella che viviamo si debba sopportare inerti il danno economico e paesaggistico prodotto da quattro squinternati magari in trasferta, non è semplice negligenza, è una dimostrazione di completa irresponsabilità.
Articolo apparso il 26 aprile su La Repubblica a firma di ALESSANDRO DE NICOLA.
Anna
29 aprile 2013 at 18:08
Ogni condominio potrebbe anche avere uno o più condomini (volontari) che si dichiarano disponibili a cancellare subito le scritte sui muri,ove possibile. C’è sempre qualcuno particolarmente sensibile al problema, si tratterebbe solo di buona volontà. A volte basta solo un po’ di vernice: l’assemblea condominiale potrebbe decidere di acquistare periodicamente qualche barattolo e i pennelli necessari, non è una grande spesa. E il Comune potrebbe garantire in cambio uno sconto sulla Tarsu. Un’altra possibilità sarebbe quella di collocare graticci (fissi) sulla facciata, fino a una certa altezza, per far crescere edera, vite del Canada o altri rampicanti resistenti, sempre se la facciata e lo spazio sul marciapiede lo consentono. Per quanto riguarda le saracinesche, chi le produce potrebbe venderle già decorate e colorate con temi ad hoc per i diversi tipi di negozi. In genere quelle dipinte non vengono imbrattate. Invece per i mezzi come i tram e le metropolitane occorrerebbe investire in sistemi di allarme più sofisticati, anche per prevenire atti di terrorismo. In ogni caso ogni imbrattatore colto in flagrante dovrebbe farsi quindici giorni di carcere per il reato di “vilipendio alla città” (non esiste ma dovrebbero inventarlo).