Le scritte a Venezia Due « graffitari » patteggiano e faranno i camerieri a Betania.
Un terzo a processo a settembre: Comune parte civile
VENEZIA – Gatti, orecchi giganti, scritte-marchio come «Dcs». Per mesi, se non addirittura anni, hanno vergato a colpi di bomboletta spray decine di muri, sia palazzi pubblici o chiese che abitazioni private. Poi è arrivata la controffensiva dei vigili urbani e della procura, con le operazioni «Low pressure». Ora, infine, i processi. O, meglio, i non processi, visto che i primi due writers che avrebbero dovuto finire di fronte al giudice hanno deciso di trovare l’accordo con il pm Laura Cameli: il primo, difeso dall’avvocato Massimiliano Cristofoli Prat, ha già patteggiato di fronte al gip Marta Paccagnella una pena di dieci mesi, mentre il secondo, il 25enne «Rekon» – residente a Oriago, ma iscritto all’Accademia delle belle arti in centro storico, – è in attesa con il suo avvocato Carlo Costantini della fissazione dell’udienza. Quel che è certo è che, siccome il codice penale dice che chi danneggia di palazzi pubblici o chiese (articolo 635) ha diritto alla pena sospesa solo se elimina le conseguenze del reato oppure se si dedica a «lavori socialmente utili», i due writers hanno chiesto e ottenuto di servire alla mensa dei poveri di Betania. Lo faranno per tre mesi, per alcune sere alla settimana. A dir la verità i due avevano anche chiesto al Comune di Venezia, proprio per dimostrare che avevano intenzione di cambiare, di poter partecipare alla «distruzione» dei loro graffiti: operazione che di certo non potevano fare da soli, visto che servono tecniche e solventi particolari per eliminare lo spray dai muri porosi. Ma poteva esserci la possibilità di aggregarsi alle squadre di Veritas. «In realtà sono sorti diversi problemi e dunque alla fine abbiamo optato per l’ipotesi di Betania, che ha una convenzione con il tribunale proprio per lo svolgimento di lavori di pubblica utilità», spiegano i legali. Il pm Cameli aveva contestato ai writers due reati: il danneggiamento aggravato, appunto, quando ad essere colpiti erano palazzi storici con i muri in pietra d’Istria; il meno grave imbrattamento nel caso di saracinesche. Le indagini erano durate tre anni e alla fine avevano portato a una quindicina di indagati, ritenuti responsabili di una settantina di scritte in tutta la città. Ora che partono i primi processi, due di loro hanno però deciso di patteggiare. Affronterà invece il processo «Sqon», il 35enne pordenonese i cui gatti sono famosi in tutto il Friuli e poi sono arrivati fino in laguna. La procura ha chiesto il processo con citazione diretta, che si aprirà di fronte al giudice monocratico a settembre. Proprio nelle scorse settimane il Comune di Venezia, che ovviamente non ha potuto farlo nel caso dei patteggiamenti, ha approvato una delibera con cui ha incaricato l’avvocato Fabio Niero di costituirsi parte
civile: all’epoca del primo blitz si era ipotizzata una richiesta danni di 50 mila euro. Lo stesso potrebbero fare alcuni privati: per esempio, la proprietaria di un palazzo a Santa Fosca si è rivolta all’avvocato Jacopo Trevisan.
Articolo apparso sul Corriere del Veneto il 2 luglio 2013 a firma di Alberto Zorzi
davide
2 luglio 2013 at 08:52
buona notizia????
se la cavano a buon mercato..come al solito….
ma figurarsi..qualche sera a servire la mensa dei poveri….
tra tre mesi saranno gia’ in giro a rilordare se questo e’ il peggio che gli puo’ capitare…
Andrea
2 luglio 2013 at 13:24
Considerando l’andazzo generale…almeno fanno qualcosa. Mai abbastanza!
Lorenzo
2 luglio 2013 at 21:44
Anche una nostra conoscente fa volontariato e ogni tanto va a collaborare alla mensa dei poveri servendoli.E’ un atto che non le provoca alcuna fatica ,meccanico,che chiunque può fare anche senza pensare al valore etico.Non è punitivo(nessuna fatica)nè educativo (è meccanico e chi lo fa può benissimo pensare ai fatti suoi,aspettando che la scocciatura finisca).Chi lo fa come volontario è tutt’altra cosa.