LA LOTTA AI GRAFFITI
Loro la chiamano «arte», ma la impongono a tutti, anche a chi non la ama assolutamente. È una forma di violenza, prima ancora che un costo per l’intera collettività. Ora il sindaco di Milano ha depositato in Procura una denuncia contro i writer, i graffitari che ormai da decenni hanno trasformato Milano in una delle loro capitali.
Molte «opere» sono firmate; non dovrebbe, uso quindi prudentemente il condizionale, essere quindi così complicato risalire ai loro autori e applicare le sanzioni previste dal codice per il danneggiamento della cosa pubblica o delle proprietà private.
In realtà sono pochi i casi di reati contestati (nel 2012 sono stati indagati 32 cosiddetti writer, di cui 19 minorenni); e forse è proprio questo il peccato originale che ha consentito la crescita incontrollata di questo fenomeno. Aver tollerato per anni i murales, le scritte e qualunque pasticcio disegnato sui muri ha fatto sì che gli autori si sentissero quasi autorizzati dalle istituzioni.
Si è così arrivati a una situazione fuori controllo; a fronte di pochi artisti, che comunque non si capisce per quale motivo debbano imporre le loro opere a chi non le ha richieste, si è moltiplicato a dismisura un esercito di teppisti con la bomboletta che ha rovinato migliaia e migliaia di case private, negozi ed edifici pubblici. Aver concesso una libertà di fatto all’imbrattamento, che io chiamerei imbruttimento, dei muri della città, a fronte di repressioni sempre più pesanti sul fronte stradale, amministrativo e fiscale, magari per errori formali, inevitabili in una burocrazia che ci ha trasformato in sudditi, ha reso ancora più insopportabili questi soprusi.
La libertà di espressione non può coincidere con un danno altrui. Si è diffuso molto in questi ultimi anni il concetto di costo sociale, per cui si è vietato il fumo, su cui tra l’altro si sono in continuazione aumentate le tasse, si tende a disincentivare un’alimentazione non corretta (anche qui in alcuni Paesi si sta sempre più ragionando su tasse aggiunte sul cosiddetto junk food); il costo sociale dei muri rovinati non è stato forse affrontato finora con la stessa fermezza. Ogni anno in Italia si vendono circa 500 mila bombolette spray; la maggior parte di queste vengono usate per imbrattare muri di edifici, ringhiere e panchine, mezzi pubblici e monumenti storici.
Per acquistare i pesticidi usati in agricoltura è necessario un patentino che attesti la capacità di utilizzo di chi li compra, per evitarne l’uso improprio. Visto che le bombolette vengono usate in modo improprio in una grande percentuale, maggiori controlli sarebbero opportuni, come un registro degli acquirenti, o prezzi differenziati per chi (pochi) con questi prodotti ci lavora, per esempio titolari di aziende e/o partite Iva e chi invece non ha una attività connessa a questo tipo di prodotti. La denuncia del sindaco di Milano è benvenuta e benedetta da tutti coloro che hanno subito queste violenze, direttamente sulle proprie abitazioni o indirettamente sui patrimoni culturali della città e che chiedono e meritano una città più pulita.
Editoriale a firma di FRANCESCO BERTOLINI apparso l’8 settembre 2013 sul Corriere della Sera Milano
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