Il caso Gli altri writer e il rischio denunce: meglio tacere
«I volti sono oggettivamente belli, ma Procura e forze dell’ordine applicano le leggi in vigore e non possono agire in base a valutazioni estetiche». Parole chiare, in un terreno, quello della street art, pieno di contraddizioni. Parole del procuratore aggiunto Valter Giovannini in riferimento ai «lavori» e alla successiva denuncia della writer romana Alica, rea di aver realizzato le sue opere in città non su palazzo storici o monumenti, ma su pensiline e pezzi di muri meno preziosi. La denuncia è arrivata dopo un’intervista alla ragazza uscita sul nostro giornale. «La mia sorpresa riguarda le modalità con cui si è arrivati a tale decisione: e cioè dopo la lettura di un’intervista», dice la storica dell’arte Fabiola Naldi, esperta di street art, nota fuori anche dai confini nazionali. «Le parole spese dalle istituzioni, e ci metto dentro anche quelle dell’assessore alla Cultura Alberto Ronchi che, giustamente, dice che i palazzi storici vanno protetti, sono comprensibili e sottoscrivibili. Poi però nella realtà vediamo che quei writer con i quali magari l’amministrazione avvia dei progetti – l’ultimo, imponente, «Frontier», con i «pezzi» disegnati sulle grandi pareti della periferia – vengono poi denunciati, processati, multati». Rusty, per esempio, noto writer bolognese, ha tenuto anche dei corsi autorizzati di street art ma è finito indagato in una maxi-operazione dei vigili urbani: poi per lui è arrivata la richiesta di archiviazione sui cui un giudice deve ancora esprimersi. «Oppure vengono definiti vandali imbrattatori soggetti che nel mercato dell’arte sono quotati e rispettati – continua Naldi -. Contraddizioni evidenti. Ma questo lo dico io, che sono una storica dell’arte: la mia valutazione prescinde da quello che dice la legge. La critica, ora come in passato, ha difeso ed esaltato artisti che magari venivano arrestati». Due punti di vista dispari che non possono comunicare. «Per ora nessuno mi ha chiesto una perizia», chiosa. A Bologna la Soprintendenza non ha vincolato ancora neppure un centimetro di muro. A Pisa, sì: un graffito di Haring. Ognuno fa come vuole. Nella street art non ci sono certezze. «Ragionare sul bello o non bello, o addirittura cosa è arte e cosa non lo è, può essere pericoloso», dice Naldi, «la natura stessa di questa disciplina di strada è la sua naturale soppressione o sovrapposizione, per questo io non cancellerei niente (a parte i vandalismi evidenti); ma io sono una critica d’arte». I più autorevoli e quotati, anche all’estero, writer bolognesi, dopo quanto è successo ad Alice, preferiscono restare anonimi e commentare con due parole due la vicenda: «Non ne usciremo mai, ci saranno sempre mille opinioni diverse sulla street art, questo giochino del guardia e ladri continuerà all’infinito». Insomma, si naviga a vista. Anzi, leggendo il giornale. Alice afferma che in nessun’altra città dove ha realizzatole sue opere (e lei ha girato il mondo) ha subito una denuncia. Ma il paradosso più grande lo spiega la Naldi: «Parliamo di aria: come facciamo ad avere e a dare una visione corretta delle cose in un paese che toglie i corsi di educazione artistica e storia dell’arte nelle scuole?».
Articolo apparso il 23 ottobre sul Corriere della Sera edizione boognese
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