Ceruti chiede al Comune di individuare aree da riqualificare e destinarle «ai murales e al graffitismo libero», di «agganciare questa corrente artistica» organizzando manifestazioni e concorsi, di sostenere con ulteriori risorse le associazioni che cancellano le scritte, infine di portare avanti «una rigida politica di prevenzione e repressione del vandalismo grafico» e costituirsi parte civile nei processi contro i writers. Diego Peverelli (Lega) propone di ricostituire il nucleo antiwriters della Polizia locale: «Era l’unica cosa che funzionava, ha ottenuto risultati, poi per una fatalità e per le pressioni successive venne smantellato (il riferimento è alla vicenda di Rumesh, gravemente ferito dal colpo partito dalla pistola di un vigile di quel gruppo, ndr). Non possiamo essere buonisti, chi scrive sui muri è un imbecille e va punito». Duro Alessandro Rapinese (Adesso Como): «Sono delinquenti, usiamo le forze di polizia. Se ne prendessi uno, gli darei un paio di legnate. Il problema è che non succede nulla a chi fa “casino” a Como. Discorso diverso per i veri artisti, come quelli che hanno scritto sull’autosilo Valmulini: a loro darei degli spazi».Per l’ex assessore alla Sicurezza Francesco Scopelliti (oggi nel gruppo misto), invece, «non si può dare spazio ai writers, anche perché non lo vogliono, il loro obiettivo è scrivere di nascosto per andare contro l’ordine costituito e vantarsene. Anche i giornali dovrebbero parlarne meno, altrimenti la prendono come una sfida». D’accordo su quest’ultimo punto il sindaco Mario Lucini, che però non sposa la linea dura e non parla di un nuovo nucleo di vigili: «Mi pare che stiamo mischiando due temi. Un conto sono i creativi di qualità, a questi ragazzi si possono dare spazi, magari ne recuperiamo qualcuno. Tutt’altra cosa è chi riempie di scarabocchi e “tag” i muri. Anche la minima scritta dev’essere perseguita, fermo restando il fatto che tutti i muri della città non valgono la vita di un ragazzo (torna il riferimento a Rumesh, ndr). La stampa deve dar conto dei problemi ma credo anch’io che serva più equilibrio, soprattutto nel pubblicare le foto, visto che chi realizza le scritte trova compiacimento e soddisfazione proprio nell’essere citato. Allo stesso modo ho suggerito agli encomiabili volontari di non metterla mai sul piano della sfida. Giusto, infine, puntare sulle telecamere, anche se non possiamo averle ovunque e i ragazzi non si mettono in posa per farsi riconoscere…». Posizione soft da parte di Paco-Sel, con Luigino Nessi che parla tra l’altro di «sopportazione intelligente». Mentre Marco Butti (misto) ricorda i risultati «pari a zero raggiunti con gli educatori di strada». «Chi imbratta non vuole relazionarsi con altri o negoziare. Anche concedere delle aree non serve, l’abbiamo visto in altre città. Vogliono solo sfidare le regole.Contro questi imbecilli ci vuole la repressione, anche con più telecamere, magari chiedendoci se funzionano e se le immagini vengono esaminate». L’assessore alla Sicurezza Marcello Iantorno nota: «Le Procure devono fare la loro parte. Basterebbe che alcuni agenti e ufficiali di polizia giudiziaria incaricati di indagare, indagini come dimostrano di saper fare in altri campi , e gli esiti sarebbero diversi. La procura di Milano l’ha fatto e i risultati si sono visti». Il dibattito continua, il problema va risolto.
Articolo di Michele Sada apparso il 22 gennaio 2014 su La Provincia di Como
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