Nei guai un ragazzo di Busto Arsizio e il cerchio si stringe sugli altri 4.
Denunciati pure due 16enni sorpresi a «scrivere» in corso Garibaldi
Rinforzi Alla Polizia Locale una task force di tre agenti speciali
Un incappucciato è stato smascherato. Nome e cognome di Faes, il recidivo, uno dei cinque writer che hanno imbrattato il metrò il 30 dicembre, sono scritti sull’annotazione che Marco Luciani, capo del pool antigraffiti della polizia di Milano, ha spedito a Brescia. Divo della ferraglia, treni e roba simile, ha sfregiato mezza Busto Arsizio: l’avevano preso su un Suv, piazza Trento e Cremona, nel 2012, con le maniche ancora sporche di spray. Rischia una denuncia per associazione per delinquere, così dice il sindaco Emilio Del Bono. Non sarà facile: quello di Brescia è stato un blitz rapsodico, non c’è continuità documentata nel sodalizio dei vandali. Quanto agli altri quattro, c’è ancora una un’incognita. Pare che il writer romano sia un minorenne, non si sa altro. «Indagini top secret» taglia corto il comandante Roberto Novelli. L’assessore Valter Muchetti gli ha dato una task force di tre agenti speciali: investigazione, pattuglie in borghese, video e presidi delle zone hot, le più colpite. Martedì hanno beccato Choko e Fritto, due sedicenni che si stavano dando da fare in corso Garibaldi. Pedinati, filmati e spediti in caserma con una denuncia a piede libero: articolo 639 del codice penale, deturpamento di cose altrui. Rischiano da 1 mese a 1 anno di reclusione, e fino a 3 mila euro di multa. Pugno duro e zero retorica: «Mi spiace siano minorenni ma il segnale è chiaro: deturpare la città è gravissimo» dice il sindaco Emilio Del Bono. «La nostra polizia ha accentuato i controlli, e sta collaborando con il pool di Milano, che ha concesso la sua banca dati». La parte del poliziotto buono la fa l’assessore Muchetti: «La repressione va fatta, e in modo intransigente, ma penso anche alla prevenzione: abbiamo pronta una lista di pareti da concedere all’associazione di graffitari True quality, e un loro membro, writer redento e laureato in psicologia, parlerà alle scuole. Quanto alla pulizia, stiamo lavorando a un accordo con i residenti».
Articolo di Alessandra Troncana apparso il 25 gennaio 2014 sul Corriere della Sera
Walter
27 gennaio 2014 at 17:31
Cosa c’entra la lista di pareti da concedere all’associazione graffitari?Questa gente ama il proibito.Mai che si forniscano prove che le pareti legali ,nel mondo,abbiano abbattuto il graffitismo selvaggio.
Giulia Corti
3 marzo 2014 at 04:16
Ma lo psicologo che ora qui si afferma “si e’ redento” ha ripagato i danni che ha prodotto, oppure lo farà da ora in avanti con le parcelle della sua nuova attività di psicologo?
Perché tra la ricerca di una “VISIBILITà NEVROTICA” sui muri e la voglia di “VISIBILITà DELLA NUOVA SANTITà”, esibita nelle scuole, c’è di mezzo il danno vandalico che ha prodotto.
Ha ripagato, o personalmente rimediato cancellando tutto il suo operato vandalico?
SE NON LO HA FATTO DUBITO SIA PRUDENTE APRIRE SPAZI COMUNICATIVI PROPRIO NELLE SCUOLE.
Ai giovani non gliela racconti loro leggono subito l’anima.
Di buone intenzioni, come cita il proverbio, è noto: “è cosparsa la strada che porta dell’inferno”.
Il ripagare con danaro vero per i danni prodotti, invece, è un fatto reale?
Non oso immaginare quanto possano essere lieti i genitori di ragazzi che dovranno pure ascoltare le discettazioni dell’imbrattatore (ex), quando, magari, hanno dovuto provvedere al ripristino del decoro del loro edificio con un faticoso dispendio economico. Giulia
Francesco
26 aprile 2014 at 12:09
La pena pecuniaria dovrebbe essere tale da mettere in difficoltà la famiglia per un periodo medio lungo (dunque proporzionale al reddito e rateizzata con cadenza mensile–> tutto il denaro andrebbe poi re-investito in iniziative anti-vandaliche) senza eccessi, ma con assoluta fermezza.
Obbligherei il ragazzo a 3000 ore di servizio civile con l’associazione anti-graffiti (non a 365 fanta-giorni di inutile reclusione): sono molti pomeriggi e svariati fine settimana dedicati, forzosamente, alla collettività.
Purtroppo viaggiare su treni lerci, “taggati”, con i finestrini incisi, impatta emotivamente su migliaia di persone, la gravità del gesto, dato il perdurare degli effetti, è paradossalmente peggiore di una sporadica aggressione fisica individuale o di un furto.
La malattia mentale di un adolescente che sente il bisogno di esprimere il suo sconfinato ego in scarabocchi di poche lettere, ripetuti all’infinito sul “territorio”, va affrontata seriamente e trattata come tale, non solo con l’educazione alla bellezza ma anche coinvolgendo la famiglia attraverso l’alleggerimento del conto in banca.