Articolo di Claudia Barbieri Childs su Il Giornale dell’Arte di febbraio 2014
Parigi. Falsi finiscono in tribunale dopo essere transitati sul mercato; sotto accusa un uomo che avrebbe venduto repliche di opere dell’artista statunitense JonOne (nella foto). Il mese scorso la Corte suprema di Parigi ha aperto e aggiornato un caso sottopostole dal writer John Perello, in arte JonOne. Il ricorrente sosteneva che Warren Levy, un mercante occasionale poco noto, possiederebbe dal 2010 circa dodici quadri falsi attribuiti all’artista. Il cinquantenne Perello iniziò la sua carriera nelle strade e nella metropolitana di New York negli anni Ottanta, prima di trasferirsi a Parigi nel 1987. Artista prolifico, ha realizzato più di 200 quadri all’anno, e si descrive come un espressionista astratto ispirato dalla cultura popolare, ma anche da Kandinskij e da Pollock. Oggi JonOne è uno dei top writer europei. Il caso non è molto significativo dal punto di vista economico. Secondo gli avvocati di Perello, i quadri in questione sarebbero stati venduti da Levy a diversi collezionisti per un totale di 33.750 euro. Ma si tratta di una svolta importante nell’evoluzione della Street art all’interno del sistema dell’arte contemporanea. Fino a poco tempo fa, infatti, era più probabile vedere un writer in tribunale a difendersi dall’accusa di vandalismo e non nella veste di chi cita in giudizio. «Avrei pensato che i fa/sari fossero più interessati a copiare Cesar o Arman piuttosto che un writer», ha dichiarato dopo l’udienza Perello a «The Art Newspaper», partner in lingua inglese di «II Giornale dell’Arte». Ma i prezzi della Street art e dei graffiti sono in forte crescita dal 2008. Il 5 febbraio la casa d’aste parigina Artcurial proporrà 17 opere di JonOne, con stime medie di 25mila euro, ma con punte fino a 70mila per il quadro «R.I.P Rest in Peace» del 1991. «Perello non è // solo a essere stato preso di mira dai falsarì, afferma Arnaud Oliveux, esperto del settore per la casa d’aste. Per quanto ne so, oltre che di JonOne, sono in circolazione opere false di Biade, Crash e Cope2 [tutti writer newyorkesi, Ndr]». Marie-Pompéi Cullin, l’avvocato dello studio Szpiner Toby Ayela Semerdjian che rappresenta Perello, spiega che il caso arriva dopo due anni di indagini che hanno portato all’identificazione di 23 dipinti falsi, presumibilmente venduti da Levy a, si presume, sei collezionisti. Francis Spizner, socio dello studio, aggiunge che dodici opere sono state distrutte e undici confiscate, ma altre sono ancora in circolazione. Il ventiseienne Levy respinge ogni intento fraudolento e nega di aver venduto quadri a collezionisti. Dice di aver comprato un lotto di opere da una bancarella al mercato di Porte de Vanves, un mercatino settimanale nella zona sud di Parigi, nel 2010, e di averle rivendute a una galleria poco tempo dopo. Quando gli è stato chiesto il nome della galleria ha dichiarato di non ricordarsi: «È stato molto tempo fa. Non sono un mercante, ha dichiarato, mi guadagno da vivere in i sandwich bar».
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