VENEZIA – Dire che sono rimasti a bocca aperta è poca cosa. I volontari dell’associazione Masegni & Nizioleti Onlus, reduci dalla bella e riuscita giornata del Cleaning Day del 28 settembre scorso, che ha visto coinvolte decine di realtà veneziane e centinaia di cittadini attivi nella rimozione delle scritte sui muri, dei lucchetti dai ponti e in generale nella pulizia della città, sono decisamente sconvolti dalla decisione del giudice di Pordenone che ha assolto il graffitaro che alcuni anni fa aveva imbrattato con bombolette spray e vernici i muri esterni di alcune abitazioni private della città storica. Sulle pagine di Facebook qualcuno pensa di costituirsi per aver rovinato opere d’arte pulendo muri, qualcuno altro propone polemicamente di organizzare uno “Sporking day”, e in generale l’indignazione è tanta. «Riteniamo incomprensibile la decisione del giudice – scrivono in un comunicato i membri dell’associazione – che, nel qualificare come “arte” questa forma invasiva di vandalismo, apre di fatto la strada a chiunque vorrà d’ora in avanti cimentarsi in questo tipo di imprese tra le pietre storiche della città, visto che anche i più elementari precetti di Salvaguardia – per non parlare del diritto di proprietà – paiono allegramente ignorati. Questa decisione, inoltre, disorienta e mortifica quanti, tra i veneziani, si vedono invece costretti a soggiacere a rigidi vincoli estetici e burocratici, che non lasciano certo spazio alla fantasia, quando restaurano i loro immobili. È sconcertante che il giudice non si sia limitato a valutare il comportamento e fatto materiale sotto il profilo giuridico, ma ne abbia dato una valutazione estetica, quasi fosse un critico d’arte o uno storico di Venezia, vanificando così il lavoro di sensibilizzazione alla pulizia ed al rispetto che da anni stiamo tentando di portare avanti di concerto anche con l’amministrazione e la polizia locali». L’associazione si riserva di leggere il dispositivo della sentenza e di impugnare la decisione del giudice di Pordenone, invitando chiunque altro (privato o istituzione che sia) a fare altrettanto, «con la convinzione che una deriva culturale così bassa e deprimente non possa essere riconosciuta per legge o sentenza».
Articolo di Daniela Ghio pubblicato su Il Gazzettino il 15 ottobre 2014
Francesca Rocchi
15 ottobre 2014 at 17:29
Ottimo pezzo, completo e con l ‘aggiunta di un pizzico di verve !
alfredo zambon
15 ottobre 2014 at 18:26
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Certo che non bisogna mollare e farne uno scandalo nazionale. Eventualmente presentando un’altra denuncia contro il medesimo soggetto, per un altra tipologia di reato. Dovrebbe essere la nostra Amministrazione Comunale il soggetto che la presenta, non noi cittadini. Potremo sentire Orsoni se per farsi perdonare una minima parte del casino che ha combinato ce la segue, gratis. Prima però bisogna studiare bene la sentenza.
Se non basta la legge, però, a mali estremi estremi rimedi…………….
P.S. Poi devo dire, tra l’artista e il suo legale, sono due bei Musi da Mona!!
manuel
16 ottobre 2014 at 15:28
Il giudice mi pare fosse di Venezia.
Semmai, dovreste aspettare di leggere la motivazione non il dispositivo, visto che quest’ultimo dice poco o niente circa il percorso razionale seguito dal giudice nell’ambito di una decisione.