«Bisogna definire cosa è arte e cosa non lo è. Ma per farlo ci vuole una competenza antropologica culturale e non una competenza giuridica. In Italia mi risulta che i giudici interpretino le norme e sarebbe pertanto interessante in base a quale interpretazione di legge il giudice di Pordenone definisce che cosa è arte». Anche il critico d’arte Philippe Daverio critica la sentenza di assoluzione del giovane writer. Una sentenza che non condivide nella maniera più assoluta. «Un altro giudice – spiega Daverio – può al contrario dire che i graffiti siano imbrattamento. Vorrei capire quale siano i parametri per definire l’arte. I writers sono persone che tentano di uscire in ogni modo dall’anonimato, che rientrano per lo più in meccanismi di psichiatria e non di storia dell’arte e sono intrusione indiscriminata nella proprietà altrui. Io stesso posso decidere che è opera d’arte strappare i gerani del mio vicino, se non mi va questo colore. Anche pestare le vecchiette per strada potrebbe essere una performance teatrale. Dove sta la differenza? Il giudice non tiene assolutamente conto dei danni riportati dalla proprietà e delle spese che dovrà sostenere per ripulire i muri. Non faccio il giudice ma questa mi pare proprio una istigazione a delinquere, vorrei proprio sapere cosa ne pensa la Corte Costituzionale».
Articolo di Daniela Ghio pubblicato su Il Gazzettino del 15 aprile 2014
Mauro Bosio
15 ottobre 2014 at 16:47
Finalmente una voce forte e chiara. E che voce! Potente e qualificata. Un mito Daverio un gigante che emerge fra la marea di mezze calzette che si dilettano a dissertare di “arte o non arte” del graffitismo vandalico.
Arte illegale “che secondo il loro insindacabile giudizio” diventa legittimabile e quindi di diritto spalmata come sterco sulle proprietà altrui. Su proprietà di gente non consenziente. Basta!
Avete stufato esperti del nulla, supponenti e tronfi come polli che si sentono galli.
E poi ci tocca anche leggere chi, in contrapposizione alle parole sante di Daverio, discetta sulla gradevolezza o meno del degrado per l’abbandono dei muri delle antiche case veneziane (che è cosa nota si degradano molto velocemente per il salmastro, più che per incuria) rimettendo in gioco l’anacronistico “diritto di valutazione personale sull’opportunità di vandalizzare illegalmente”.
Ma fatevi tutti un bagno alla coscienza esperti dell’inganno e dell’opportunismo.
A lei invece, critico esperto d’arte vera, esimio signor Daverio il più sentito e riconoscente ringraziamento
Mauro Bosio
Luciano
15 ottobre 2014 at 23:00
Daverio è una delle sempre più rare persone dotate di sano equilibrio nell’esercizio della sua professione, la critica e l’analisi di varie forme d’arte antica e contemporanea di cui è conoscitore. Se un personaggio del suo calibro si espone dichiarando quanto in oggetto e condannando quindi, senza appello, quelle pretestuose manifestazioni di pseudocultura delle tags, è conferma che per opinione comune non si tratti di nulla più che vandalismo vuoto e irrazionale, per quanto si possa credere che in una mente da quindicenne di oggi si possano trovare tracce di razionalità.
Peccato che questi giovani artisti del nulla non siano in grado di apprezzare e valutare un giudizio proveniente da chiunque, figuriamoci se possono sapere chi è Daverio. Il peggio è che a chi tentasse di spiegarglielo, non saprebbero fare di più che ridere in faccia. Povera Italia, se il tuo futuro è nelle mani che stringono una bomboletta….
Mario
23 ottobre 2014 at 00:04
Un metodo che funga da deterrente secondo me..c’è. Chi viene sorpreso in flagrante e al tempo stesso voglia dimostrare la sua buona fede, come minimo dovrebbe dimostrare di essersi già esibito, in materia, nel proprio ambito domestico: una parete di casa, l’auto del padre..ecc. Dimostrando in tal modo un bisogno prorompente di esprimersi, tale che l’angusto ambito domestico dimostratosi insufficiente, lo abbia indotto ad agire optando verso spazi più ampi. Se così non fosse basterebbe autorizzare una squadra di volontari graffittari a recarsi presso l’abitazione dell’interessato per portare a compimento l’opera iniziata fuori sede. Capisco che la cosa suonerebbe come una legge dell’ occhio x occhio… ma quanto meno servirebbe a responsabilizzare ed eventualmente a smascherare eventualmente i malintenzionati.