A suscitare l’indignazione delle persone civili è stato l’ultimo episodio di vandalismo in ordine di tempo: la Porta di Maria del Duomo di Milano deturpata con vernice spray bianca. Ed è riaffiorato un interrogativo che credevamo già risolto: ma chi sono veramente questi writers? Perché fino a ieri l’ipotesi più accreditata era quella di giovani balordi, soprattutto ignoranti e frustrati. Adesso invece un dossier dell’Associazione nazionale antigraffiti ci fa sapere che, analizzando i comportamenti di 213 imbrattamuri fermati a Milano dal 2011 a oggi, si arriva a stabilire che si tratta di persone istruite (per la metà provenienti da licei artistici), età media 19-25 anni, che si ribellano all’autorità. Una vera e propria sfida, consapevoli come sono di commettere un reato. E girano anche armati di mazze, pronti evidentemente a picchiare chi si opponesse alle loro imprese. Una sconcertante conferma di questa volontà di distruzione l’ho avuta da una scritta apparsa sui muri appena ripuliti e ridipinti di una scuola elementare nel mio quartiere a Milano : “Sabota, devasta, saccheggia”. È ancora lì. Chi dovrebbe accogliere questo categorico e canagliesco incitamento? E con quali obiettivi: istituzioni, negozi, parcheggi, aiuole, auto, la città intera? Interrogativi esagerati, dirà qualcuno. Che nascono tuttavia di fronte a un edificio nelle cui aule si insegna ai nostri figli a leggere, a scrivere e a diventare domani buoni cittadini. Mi sembra il caso di chiedersi se sia più possibile un certo compiacimento nei confronti di questi sedicenti artisti. O la tolleranza per le loro imprese che costano milioni di euro ai Comuni, cioè a noi. Qualche mese fa l’assessore al Decoro urbano di Novara ha detto che “occorrerebbe un’attività di intelligence per attuare una sana e rigorosa repressione del fenomeno”. Ossia un servizio di spionaggio. Chissà che non abbia ragione, anche se già fanno molto i vigili urbani. O forse bisognerebbe rendere più esemplari le pene. Nel 2013 due imbrattamuri lombardi furono processati per associazione a delinquere e condannati a sei mesi. Un po’ poco. No?
Articolo di Antonio Lubrano pubblicato sulla rivista Il Salvagente del 20 novembre 2014
Morena Cerretelli
20 novembre 2014 at 16:32
“Sabota, devasta, saccheggia”. Ed è ancora lì?
Su una scuola a Milano? E i genitori fanno entrare i loro figli in quella scuola? Magari a casa lucidano l’argenteria, ma il muro della scuola è di tutti… quindi va bene così!
Gentile Lubrano ci dica dov’è e veniamo, noi volontari a ripulire e subito!
QUESITO: SE UN PADRONE DI CANE HA L’OBBLIGO DI AVERE CON SE’ UN SACCHETTO RACCOGLITORE DEGLI ESCREMENTI lasciati dal suo animale , PERCHè MAI NON SI CREA UN BANALISSIMO “OBBLIGO DI TENERE UN BARATTOLO DI COLORE NELLE SCUOLE, IN TUTTE LE SCUOLE E ANCHE NEI CONDOMINI E NEI PALAZZI DELLE ISTITUZIONI.. SEMPRE A PORTATA DI MANO, NECESSARIO PER RIMUOVERE AL VOLO “L’ESCREMENTO LASCIATO DA TANTI CEREBROLESI VANDALI?”
COSTA POCHI EURO IL COLORE: PERò VALE UN TESORO DI CIVILTà FUTURA.
SCUOLE PULITE PER DINDIRINDINA… E SUBITO.
Angelo Miele
20 novembre 2014 at 22:50
Intelligence? A me va bene! Rendere ancora piu’ esemplari le pene? Mi va ancora meglio! E svegliamoci una volta per tutte!
Luciano
22 novembre 2014 at 23:17
A rendere più credibile l’ipotesi della signora Cerretelli aggiungerei, oltre la disponibilità minima obbligatoria delle vernici in ogni scuola, l’istituzione dell’ora di ripristino periodica durante la quale docenti e alunni si rendono esecutori materiali, in giusta autonomia, delle operazioni di cancellazione dei graffiti illegali che dovessero comparire a seguito di ogni ripulitura. Sono più che convinto che, in un breve arco temporale, sarebbe possibile dedicare quell’ora ad altre attività didattiche, in quanto il ripetersi del fenomeno andrebbe progressivamente diradandosi fino all’estinzione.