È FINITA dietro le sbarre la vacanza romana di K. A., il turista russo di 42 anni sorpreso ieri mattina da un vigilante mentre con una pietra appuntita incideva l’iniziale del proprio nome su un muro interno del Colosseo. Lo sfregio – un’enorme lettera “K” di 17 x 25 centimetri, iniziale del proprio nome che probabilmente voleva lasciare come traccia indelebile sul monumento simbolo di Roma e dell’Italia nel mondo – gli è costato caro. Colto in flagrante intorno alle 10.30 da un addetto alla vigilanza della Soprintendenza archeologica di Roma, che ha subito chiamato il 112, l’uomo, incensurato,è stato subito arrestato dai carabinieri del Nucleo radiomobile. E portato in caserma. Stamattina sarà processato per direttissima con l’accusa di
danneggiamento aggravato, che potrebbe costargli una pena da sei mesi a tre anni.
A motivare l’arresto, spiegano i carabinieri del Comando provinciale di Roma, l’ingente valore del danno a un bene storico artistico di pregio, irreversibile dal momento che l’incisione ha asportato una parte della superficie della struttura. L’enorme “K” è stata incisa su una superficie ottocentesca in laterizio di restauro nell’anello interno del Colosseo, al piano terra, sul lato che guarda il Celio. Probabilmente poco prima dell’uscita, al termine della visita all’Anfiteatro Flavio. Ancora non è chiaro, invece, se il sasso appuntito con cui il turista ha ferito il monumento sia stato raccolto durante il tour o se fosse già in suo possesso. «Secondo
i tecnici della Soprintendenza intervenuti per una prima stima della lesione – spiega la soprintendente, Mariarosaria Barbera – il danno cagionato al monumento, indipendentemente dal supporto, che è moderno, è notevole. L’incisione, infatti, ha asportato una parte della superficie della struttura e, inoltre, ne compromette la conservazione e l’immagine». Dall’inizio del 2014 si tratta del quarto caso di danneggiamento del Colosseo da parte di turisti stranieri. Sono tentati dall’idea di lasciare le proprie iniziali impresse sulla “pelle” del monumento più famoso d’Italia, visitato ogni anno da quasi sei milioni di persone, forse per consegnare se stessi all’immortalità. Nel gennaio scorso il caso forse più clamoroso (anche se il danno, in quel caso, fu di minore entità): un ragazzino australiano di 12 anni incise le prime due lettere del proprio nome su un altro muro in laterizio di fine Ottocento, mentre il padre, di 45, gli faceva da palo, davanti agli occhi divertiti della madre e del fratello più grande. Che provò addirittura a “placcare” il custode, intervenuto per fermare il giovanissimo “graffitaro”. Poi, il 17 marzo, fu la volta di un adolescente canadese in gita, che staccò addirittura un frammento di laterizio per riportarlo a casa con sé, come souvenir. Scoperto da un altro turista, che lo fotografò in azione, mostrando lo scatto ai vigilanti, il 15 enne fu fermato all’uscita dai custodi che riconobbero lo zaino e riuscirono a recuperare il frammento. Infine, il 20 maggio, protagonista dell’ennesimo sfregio fu un ragazzo brasiliano in gita scolastica, che aveva inciso una “M” sul muro della terrazza Valadier. Ma tornando indietro nel tempo, i casi si moltiplicano. E se questa volta a colpire è l’età adulta del vandalo, non certo un ragazzino come nei casi precedenti, resta l’allarme per un monumento tanto maestoso quanto fragile, con insufficienti occhia vigilarlo di fronte all’”assalto” di orde di turisti non sempre rispettosi della sua storia e della sua memoria. Ma soprattutto dell’importanza di un tale monumento per l’umanità.
Articolo di SARA GRATTOGGI pubblicato su La Repubblica del 22 novembre 2014
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