Finalmente se ne sono andati: la voce di una madre, vittima delle prevaricazioni del centro sociale Lambretta
foto 2Milano 27 Agosto – Gabriella Baio, già intervistata da Nene, ci ha inviato la descrizione dello sgombero del Lambretta visto con gli occhi di chi, finalmente, non dovrà più subire soprusi e prevaricazioni.
- Oggi 26 agosto 2014, comincia in modo abbastanza inconsueto; tra le 7 e le 8 del mattino, sento rumori forti di gente che cerca di buttare giù qualcosa, sono porte, vetri che si infrangono, urla di gente che sproloquia cose indecifrabili.
Mi affaccio immediatamente e mi ci vuole qualche secondo per realizzare che agenti in borghese stanno procedendo allo sgombero dei Lambretta.
“Finalmente” penso io, ma mi rendo anche conto che non sarà una cosa semplice e veloce.
Mi munisco del mio IPad e mi riverso immediatamente sulla piazza Ferravilla per poter documentare quanto sta avvenendo.
Comincio a scattare foto e a fare brevi filmati.
Azioni anti sgombero da parte del collettivo cominciano a farsi sentire.
Ma i Lambretta già sapevano che oggi sarebbero dovuti uscire tanto è vero che già da ieri sera avevano cominciato a portare via alcuni dei loro “effetti”.
Inoltre un’auto cisterna e un’auto gru dei pompieri presente dalle 20 della sera prima aveva già fatto aleggiare nell’aria che qualcosa doveva capitare.
Ecco le prime rappresaglie.
La prima fra queste, di cui ho riso a crepapelle, è stato l’urlo quasi disperato di una del collettivo che si era barricata sul tetto e denunciava i poliziotti che avevano fatto incursione spaccando vetri di villette storiche dei primi del ’900.
Ora mi chiedo, ma dopo che avete deturpato in maniera vergognosa le villette con graffiti orribili di ogni genere, avete buttato giù muri in maniera indiscriminata, avete reso i giardinetti interni delle discariche a cielo aperto, ma veramente avete il coraggio di fare affermazioni simili?
Adesso sono i poliziotti che hanno rovinato le villette?
Ma smettere di farvi le canne non pensate sia un buon passo per tornare tra noi comuni mortali?
Si cominciano a vedere i primi fotografi, i primi giornalisti, e il gruppo “ningia” che si apposta sul tetto di una delle villette di Piazza Ferravilla.
Una delle capogruppo, una certa Valentina, comincia a rilasciare le sue dichiarazioni alla stampa piene di rimostranze verso Aler e la mancata assegnazione di alloggi.
Cominciano cori che inneggiano il “NO ALLO SGOMBERO” e la ricerca di proseliti del quartiere che possano sostenere e appoggiare la loro causa.
Io mi avvicino alla mia abitazione, insieme a uno dei giornalisti che in precedenza mi aveva aiutato a denunciare le molteplici illegalità foto 1perpetrate dal collettivo tra cui gli orti di cannabis. Pensando di fare bella figura, la sedicente capogruppo corre verso la mia abitazione e urla al giornalista “tutto quello ke dice questa signora sono tutte bugie”… Il giornalista, insieme al suo fotografo si guardano e ridono, perché quanto avevo dichiarato in precedenza a lui come ad altri, era stato verificato, comprovato ma sopratutto supportato da diverse testimonianze della gente del quartiere che viveva spalla a spalla con questi delinquenti e di cui ne fa valida testimonianza anche la raccolta firme di parecchie famiglie stufe di dover subire ogni tipo di angheria da parte di questi inetti.
Io non reagisco e la ignoro, ma soprattutto la invito a non varcare quella che è la mia proprietà privata dove ero entrata con il giornalista.
Un altro giornalista mi adocchia, dopo aver raccolto le dichiarazioni del collettivo, perché vuole sapere cosa ne pensano i “vicini di casa” di questi personaggi. Mi chiede se può intervistarmi e se può riprendermi. Mi rendo conto che il mio look non è fra i migliori visto che mi ero appena alzata ma, nonostante i capelli un po’ arruffati accetto affinchè si denunci anche il rovescio della medaglia. Procedo col rispondere alle domande del giornalista e sempre con fare patetico, la portatrice di megafono dei Lambretta si avvicina anche a questo giornalista per dire che io stavo raccontando solo bugie.
Sorrido al giornalista, la ignoro, e procedo con le mie dichiarazioni e denunce ormai conosciute perché già fatte in precedenza anche attraverso altri giornali.
Un’altra giornalista, anche lei interessata a conoscere cosa VERAMENTE pensa il quartiere mi propone un intervista e per evitare ancora ke la megafonista frustrata facesse un’ulteriore intervento, mi chiedono se possiamo procedere all’interno della mia proprietà per non essere disturbati.
Finite le dichiarazioni mi dirigo nuovamente in piazza per poter documentare quanto ancora stava accadendo e come procedeva lo sgombero.
Non avendo elementi di sorta il collettivo comincia col inveirmi contro soprattutto uno di loro, Filippo, già noto nei miei racconti per la sua figura altrettanto patetica che mi chiede come potevo permettermi un iPad e una macchina fotografica digitale, di quelle compatte che non superano i 100€ di valore, visto che non lavoro. Ma veramente sono queste le domande che si pongono i Lambretta?
Più che sorridere a questa provocazione e ai vari vaneggiamenti non potevo fare, e i “ningia” appollaiati ancora sul tetto, sapendo che le mie dichiarazioni non solo sono veritiere, ma sono state comprovate e supportate da testimonianze di altri vicini, chiedono a gran voce di andarmene.
Il dirigente della Digos e il responsabile della UIGOS, mi invitano ad allontanarmi per evitare che la situazione degenerasse soprattutto visto che stavano riuscendo a tenere ancora tutto sotto controllo.
Avendo già raccolto abbastanza tra foto e video, e soprattutto per il rispetto che ho verso queste persone, accetto, facendo presente però che più di tanto non potevo allontanarmi, cioè io qui ci abito!!!
Mi posto all’interno del mio giardino chiudendo il cancello ma continuando a seguire quanto accadeva… Per me era un’occasione troppo ghiotta per potermela perdere perché dopo 2 anni e mezzo di incubi diurni e notturni, finalmente era arrivata la luce in fondo al tunnel.
Passa in quel momento una mia vicina, anche lei stufa del collettivo, mi si avvicina e manifesta la sua felicità per quanto stava accadendo.
Ci cimentiamo in una conversazione, che ovviamente aveva come tema lo sgombero. Sempre perché non aveva elementi per contrastare quanto finora avevo dichiarato, sempre il solito Filippo si avvicina e mi dice con molta tranquillità che lui sarebbe stato l’artefice dei petardi che da quel momento in poi sarebbero stati sparati addosso al mio appartamento.
Meno male che la polizia è intervenuta ammonendo il delinquente e invitandolo ad allontanarsi.
Certo, con molta probabilità, i vari dirigenti delle squadre operative, avrebbero preferito che io non ci fossi in quel momento, ma sia loro che gli agenti della squadra mobile non solo hanno rispettato il mio diritto a rimanere, tanto più che come già detto, io qui ci abito, ma si sono premurati di mettersi vicini alla mia cancellata affinché io potessi assistere senza essere molestata o disturbata in qualche modo dagli inetti.
A questo punto si avvicina un ragazzo, vantando di non fare parte del collettivo ma che provava molta tristezza per quanto stava accadendo perché adesso questi “poveri” ragazzi non avrebbero avuto un luogo di ritrovo e le famiglie sgomberate, Rom e sudamericani ospiti dei Lambretta, adesso erano in mezzo a una strada… Parte con una filippica che quasi mi nauseava per le ripetute rimostranze verso Aler e la mancata assegnazione e abbandono degli spazi.
Lo interrompo, altrimenti avrei dovuto passare agli antidolorifici per il mal di testa che mi stava facendo venire e gli faccio presente, come ho sempre dichiarato, che a me delle rimostranze politiche e non dei Lambretta verso Aler o il Comune non mi interessavano, io ho sempre denunciato la maleducazione incontrollabile che abbiamo dovuto subire in questi anni, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ho ribadito che se veramente fossero un centro di raccolta culturale, per come volevano spacciarsi, dovevano avere un orario di apertura e uno di chiusura, e non disturbando giorno e notte con festini, musica a palla, urla e schiamazzi, bestemmie, risse, raduni della fumata bianca, come li ho definiti quando in gruppo fumano erba, ecc ecc. ma ciò ke dico cade nel vuoto e come un automa riprende con la filippica dell’ingiustizia della mancata assegnazione degli spazi. Interviene il poliziotto in borghese che presidiava il mio cancello che gli ribadisce che io non ero contraria alle loro battaglie politiche ma che combattevo contro la maleducazione assurda che anche di notte io è il mio bambino dovevamo subire. Niente, nulla da fare, forse nemmeno ha ascoltato, quindi riparte con la parodia di Aler e Comune.
Il poliziotto, con molta intelligenza, lo allontana dal mio cancello cercando in qualche modo di non farmi subire ancora quell’agonia sui loro deliri.
Quando la situazione si è calmata, ho ripreso coraggio e con la mia compattina mi sono aggirata nel quartiere per fare ulteriori foto, tra cui lo sgombero anche dagli zingari e di sudamericani.
Verso gli inizi dello sgombero, quindi sempre in mattinata, la luce viene sospesa. Mi informo cosa stesse succedendo e mi viene spiegato che faceva parte delle procedure. La cosa più sconcertante è stato apprendere che A2A, gestore della fornitura elettrica del mio condominio, ha trovato un allacciamento abusivo della luce da parte del collettivo sul nostro condominio, di cui fruivano beatamente anche le “famiglie ospiti” dei Lambretta.
Praticamente sono 2 anni e mezzo che ci rubano l’elettricità?
Visto la quantità di attività aperte dal collettivo, quanta luce abbiamo dovuto sborsare per le loro attività illegali dove i loro proventi in nero finivano nelle loro tasche? Sconcertante è apprendere una cosa del genere solo il giorno dello sgombero quando da parecchio tempo Gianluca Boari, consigliere di zona 3, ha interrogato più volte Aler e Comune affinché fosse fatta una verifica in merito, non solo nessuno si è mai degnato di rispondergli, ma nemmeno sono stati fatti dei controlli per verificare il furto!
Rispetto all’ottobre del 2012, quando furono sgomberati per la prima volta i lambretta sempre dalle stesse villette, sono state utilizzate forze dell’ordine decisamente di numero inferiore, ma soprattutto squadre composte da professionisti in divisa che hanno saputo gestire la situazione in modo fantastico.
Tornando al mio secondo giro di perlustrazione, comincio a sondare il terreno anche nei confronti di alcuni agenti. La prima domanda che mi veniva fatta era se fossi una giornalista, e io sorridendo ho risposto che no, non sono una giornalista ma volevo comunque scrivere la storia di questa giornata dal mio punto di vista, facendo anche presente chi fossi e dove vivevo, giusto per far rendere loro conto quale mostruoso disagio ho dovuto subire sia io che il mio bambino in tutto questo tempo. La solidarietà manifestata, anche solo a livello ideologico mi ha colpito. Certo loro continuavano a fare il loro dovere presidiando alcune zone dove giustamente era vietato l’accesso, senza eccezioni. Però il loro palese disappunto a quanto stava succedendo era palpabile.
Uomini di età comprese fra i 25 e 50 anni, seri, professionali, alla quale non ho potuto negare la mia più totale solidarietà per un lavoro così difficile e mal pagato. Ragazzi e padri di famiglia che rischiano ogni giorno di tornare a casa dalle loro madri o dalle loro mogli con le facce sanguinanti perché un gruppetto di ragazzini fumati e bevuti vogliono cambiare il mondo distruggendo tutto ciò che gli capita fra le mani. Perché di questo pochi ne parlano? Perché diventa una tragedia nazionale se uno di questi delinquenti viene manganellato? Perché pochissimi parlano di come questi ragazzi difendono nel limite delle loro possibilità, persone come me, una mamma con un bambino piccolo, o persona anziane, non in grado di difendersi verso questi guerrafondai?
Ringrazio il cielo che le cose non siano degenerate e che tutto si è svolto con solo molto rumore e poi, i figli di papà se ne sono andati zitti zitti, con la coda fra le gambe, forse a rinchiudersi in qualche scantinato per organizzare la prossima occupazione.
Gabriella Baio
Enza P.C.
14 dicembre 2014 at 12:47
Gabriella, tosta e sincera, non credo proprio avesse tanta voglia di diventare “un’eroina dei nostri tristissimi giorni”.
Emerge chiarissimo dal suo racconto preciso.
Perché accadano cose – normali e dovute alla società civile – oggi servono, purtroppo nuovi e vecchi -volontari antiidiozia diffusa, eroi loro malgrado.
Ai posteri toccherà analizzare questo periodo: dove davanti alla povertà che avanza inesorabile non si fa quasi nulla per evitare che chi è abitualmente “dedito al vandalismo e al sopruso per un pretesa ideologia demenziale” possa continuare a imperversare su tutto, a suo diletto e a sua discrezione.
A spregio delle economie risicate di altri e ledendo palesemente il diritto esteticamente decoroso di una collettività – sempre più esterrefatta e di un corpo di polizia ancor più basito e costantemente umiliato.