Marco Burresi racconta la sua vita da writer professionista
«In Italia c’è poco posto per noi». E a marzo volerà in Giappone
CERTALDO – Passa la sua vita a dipingere i muri e ormai il suo è tra nomi più conosciuti nel panorama internazionale della street art. Marco Burresi, in arte Zed 1, è nato a Firenze ma da sempre residente a Certaldo. Lui si diverte a girare il mondo, sperimentando nuove tecniche e vendendo le sue tavole. Dall’America fino all’Asia, viaggia lasciando murales e idee che stanno trovando risalto in tutto il mondo. Lui a Certaldo ha realizzato qualche opera, come il cubo di Kubrik, ricavato da una fogna, oppure i disegni sotto i piloni della circonvallazione di via Falcone – Borsellino. Adesso ha dei contatti con Poggibonsi per alcune opere, ma in Valdelsa la street art attende ancora il momento giusto per esplodere. Marco lancia una provocazione: «Se fosse investito il 2% di quello che viene impegnato per Mercantia si potrebbero fare grandi cose, basta la volontà». Lui intanto si gode la sua idea “second skill”, copiata in tutto il mondo: da un semplice murales si può grattare per vedere cosa vi sia sotto e trovare un altro disegno. Ad Amsterdam l’opera principe di questa tecnica basata su due livelli con un cane che riceve dal padrone un lembo di carta da tirare. I bambini sono i primi a divertirsi di fronte a questa possibile sorpresa. «Chi vuole cimentarsi in questa arte deve andare all’estero: se si escludono alcuni comuni, in Italia non c’è spazio». Burresi muove i primi passi a Firenze, in una scuola di grafico pubblicitario, dove incontra alcuni ragazzi che ascoltano musica rap e si divertono a realizzare disegni sui muri. «Loro compravano le cartoline americane, dove il fenomeno della street art era già in fermento, e provavano a riprodurli in città». Il confine tra opera d’arte e vandalismo è sempre stato uno dei dilemmi più grandi per i writers: «Se abbiamo i permessi dai privati non abbiamo problemi, ma essere colti in fragrante in spazi pubblici, crea gravi problemi con la giustizia». Dall’Italia fino alla Germania le regole sono ferree: «Prima avevamo più tempo per dipingere anche i treni, adesso dopo 10 minuti ci sono squadre anti-writers pronte a beccarti». Il primo muro disegnato da Zed 1 fu a Viareggio, all’età di 16 anni: «Andavamo nei capannoni abbandonati». Il suo team, un crew, si chiamava KNM, formato da 6 ragazzi che in poco tempo venivano chiamati in tutta Italia per dipingere. Sono passati 20 anni: «Oggi però i ragazzini si firmano e devastano la città, senza pensare al fatto che con poche autorizzazioni invece sarebbero nel pieno rispetto della legalità». Intanto sul tavolo di Marco arrivano inviti a grandi festival con muri enormi da dipingere. Sono i quartieri popolari e le case degradate quelli più indirizzati alla street art. «Faccio questo nella vita e con tanti sacrifici si può vivere. Giro il mondo come una trottola, pronto ogni giorno a prendere la valigia per un volo oceanico. Sono contento che il mio lavoro sia riconosciuto come un’arte. Ho una responsabilità morale e sociale, perché quando dipingo, ho gli occhi puntati addosso». Dal Belgio fino al New Jersey la firma Zed 1 spopola: «A marzo andrò in Giappone per un mese».
Articolo di Giacomo Bertelli pubblicato il 19 dicembre 2014 su Il Tirreno
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