Bei graffiti o soltanto scarabocchi ? C’è chi boccia anche i murales d’arte

C’è chi non tollera venga fatta alcuna differenza tra le due categorie. Dopo l’articolo pubblicato sul nostro giornale e relativo ai murales apparsi recentemente in via Micca – realizzati da due noti street-artist nell’ambito del progetto Urban Canvas – scoppia la polemica.
Le opere (per alcuni pseudo tali) succitate sono solo l’ultima goccia in un vaso stracolmo di opinioni divergenti e in totale guerra fra loro. Quasi un pretesto. Ma vanno ad inserirsi in un contesto rionale – quello di Casbeno, appunto – tra i più deturpati della città: nella parte vecchia del quartiere, scritte ed antiestetiche figure grafiche sono un po’ dappertutto, coprono i muri a lato dei binari della ferrovia, si ritrovano sui cancelli, sui cartelli stradali ed in grande quantità una volta anche sotto il ponte della stessa via Micca, dove ora compaiono i disegni Alessandra Senso Odoni. «Odiosi e indecenti»

Facendoci, forse maldestramente, portavoce di un sentimento comune, avevamo scritto: «I “casbenatt” possono ritenersi fortunati». Come ad affermare: in mezzo a tanto schifo, finalmente qualcosa di bello. La piaga dei graffiti va combattuta: ne va dell’immagine di una città. Accanto alla repressione, però, va favorita quella libertà di espressione che invece di nuocere al decoro può addirittura abbellire angoli altrimenti

tristi e dimenticati.
Non tutti sono d’accordo. Angelo Mandelli, del Comitato italiano antigraffiti, ci scrive: «Abbiamo ricevuto varie segnalazioni dai nostri amici di Varese, contrari agli articoli di esaltazione dei graffiti effettuati a Casbeno. Molti cittadini ritengono che dare spazio ai writers sia la cosa più odiosa e indecente che ci sia. Dopo che per decenni hanno imposto la loro dittatura abusiva sui nostri muri, adesso i Comuni devono addirittura premiarli e regalare loro spazi?». «Un dono silenzioso»
La rimostranza continua: «Questi graffiti (vandalici o artistici che siano) sono percepiti dai più non come una forma di arte, ma come una forma inutile e pelosa di invadenza ed esibizionismo».
«Se i writers ritengono che le loro opere siano così belle e irrinunciabili, perché non le fanno su fogli di carta o su tele e non le espongono in gallerie, dove le vedono solo quelli che vogliono? Loro devono per forza piazzare le loro arlecchinate nei luoghi di maggiore transito: sui muri o nei sottopassi o sulle barriere antirumore. Devono essere gigantografie». Poi la conclusione: «Questa non è arte, ma solo dittatura e prepotenza».
Una combattiva risposta arriva da Ileana Moretti di Wg art.it, associazione che insieme a Palazzo Estense ha dato linfa al progetto Urban Canvas: «Si parla dei “nostri muri”… Ma nostri di chi? Anche noi siamo cittadini: abbiamo presentato regolari pratiche edilizie, ottenuto tutti i permessi necessari, pagato bolli e diritti di segreteria».
«Abbiamo dipinto senza alcuna pretesa o presunzione che il risultato realizzato potesse piacere a tutti. In silenzio e con discrezione, senza alcun esibizionismo. Abbiamo regalato delle opere alla città, in linea con il Regolamento per il decoro urbano. Un dono silenzioso».
Moretti sottolinea una contraddizione: «Nella pagina dell’Associazione anti graffiti il distinguo tra vandalismo e arte esiste. Perché in questo caso non vale?». •

Articoo di Fabio Gandini pubblicato il 2 gennaio 2015 su La Provincia di Varese

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One Response to Bei graffiti o soltanto scarabocchi ? C’è chi boccia anche i murales d’arte

  1. Andrea Amato presidente Rispondi

    14 gennaio 2015 at 08:25

    Vero l’Associazione antigraffiti distingue. Il vandalismo presuppone che si agisca in modo illegale, mentre ciò che è fatto nella legalità “tecnicamente non rientra nella casistica della violenza estetica”.

    Dobbiamo precisare però che ovunque si sta “giocando troppo sul concetto – street art è bello – a prescindere” e quindi DEVE piacere a tutti. Non è assolutamente vero.

    E’ questa la nuova tendenza che cavalca l’onda triste e ansiosa delle reali incapacità al contrasto del vandalismo. Tendenza impositiva che non tiene conto (una volta ottenuto l’ok dalle “autorità competenti” per utilizzare spazi pubblici condivisi) dall’indispensabile apprezzamento PREVENTIVO di un “progetto presentato e approvato dai residenti”. Oggi prevalentemente tutto cade dall’alto da chi ha il governo del territorio. Peccato che chi governa avrebbe l’obbligo di non governare pensando solo a una parte dei cittadini.
    E’ accaduto a Milano in Piazza Cardinal Ferrari, dove a fianco della piccola e antica Chiesa di San Calimero si sono – imposti – segni e colori in totale disarmonia con la memoria, la storia e il rispetto dei luoghi.
    Nessuno ha consultato prima chi abita là e questo riteniamo non sia corretto.
    Ed é’ accaduto anche a lato della Basilica di San Lorenzo, per la quale preferiamo qui evitare commenti.
    E’ il modo poco democratico con cui si sta agendo, che non va bene.
    Mentre ancora non si mettono in atto necessarie forme di contrasto contro chi imbratta e rompe, si preferisce avallare e incentivare l’arroganza di chi – si vuole imporre perché ritiene di avere – diritto – di aggredire con la sua effimera forma d’arte il resto del mondo.
    Questo si sta scegliendo ancor prima di aver provveduto a riportare al decoro le città deturpate ed è GRAVISSIMO.
    Al momento, detto con grande onestà, in Italia per ogni murales giudicabile mediamente bello, è un fatto, se ne stanno producendo a centinaia di deprimenti, infantili, squallidi. Purtroppo diventeranno prestissimo un ennesimo segno di ulteriore degrado, perché arriveranno quelli che li crossano e le intemperie che faranno il resto.
    Come non comprendere quindi l’irritazione e la protesta di chi è costretto a vivere nel degrado, passivamente trascurato, mentre si discetta sulla street art. Ovvio che abbia la sensazione di subire una doppia aggressiva imposizione con altro colore e forme non sempre apprezzabili.

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