«Non ho mai scavallato una barriera, né mi sono nascosto per ore prima di poter dipingere un pezzo». Andrea Galvagno, in arte Galo, da Saluzzo era finito ad Amsterdam per esprimere la sua creatività di street artist, ma ora dipinge nella sua Galo Art Gallery di San Salvario. Gli echi degli inseguimenti in metropolitana sono lontani.
Rivede qualcosa dei suoi esordi olandesi nei ragazzi fermati nel metrò? «Non proprio, la mia origine non è nel mondo writer. Noi intervenivamo con marker (pennarelloni, ndr) su cartelloni pubblicitari o negli angoli più grigi della città. Non pensavamo ai treni o alle metropolitane, ma cercavamo l’adrenalina disegnando sui muri in giro per l’Europa». L’illegalità è un valore aggiunto per le opere di street art? «Non più. Le cose stanno diversamente rispetto al mondo del writing che vivono i ragazzi fermati. E comunque anche quello è un ambiente in evoluzione. Ora averea disposizione muri legali o muri su commissione è più facile. In questa corrente artistica ormai ci sono persone diversissime tra loro: si va da artisti troppi impegnati e conosciuti per poter lavorare illegalmente, a talentuosi ragazzini appena usciti dall’accademia, passando per designer hipster e artisti cresciuti con il writing, ma passati a tele o altri supporti per poter vivere della loro passione esponendo nelle gallerie».
Secondo lei cosa spinge a rischiare di farsi male, o finire arrestati, per fare un pezzo in una galleria? «L’adrenalinae l’avventura penso siano una vera e propria “addiction”. Se inizie ti piace lo fai per molto, molto tempo. Si cerca sempre di avere la situazione sotto controllo anche se ogni tanto le cose vanno come non dovrebbero andare».
Nelle stazioni ci sono i disegni di Nespolo, ma il metrò di Torino è un angolo grigio da colorare? «Sarebbe fantastico poterci lavorare, ma non serve solo un budget e un paio di burocrati che creano un bando di concorso senza saper minimamente di che cosa stanno parlando».
Quali posti della città sono più “appetibili” per i writer? Torino è più avanti di altre città italiane, ci sono spazi legali dove sviluppare la creatività, ma bisognerebbe gestire e organizzare gli spazi in maniera diversa dando in mano i progetti a chi se ne intende.
Però va detto che ci sono writer che non abbandoneranno mai le azioni adrenaliniche di un treno o di una metropolitana. È una guerra persa in partenza, ci saranno sempre. È così dagli anni Ottanta, anche in nazioni con sono sanzioni più dure che l’Italia».
Torino per i graffitari è più avanti di tante altre città. Ci sono spazi dove sviluppare la creatività.
“Però va detto che qualche giovane non abbandonerà mai le azioni adrenaliniche nella metropolitana“ANDREA GALVAGNO WRITER E GALLERISTA
Articolo di Jacopo Ricca pubblicato su la Repubblica l’8 febbraio 2015
Stefy
10 febbraio 2015 at 20:04
Senza offesa ,ma mi sembra che questo ragazzo esaltato dovrebbe andare in cura da qualche psicanalista.
Arianna Di Biase
25 febbraio 2015 at 19:00
Lo credo anch’io!
Mara
23 febbraio 2015 at 22:23
Sa come le viene l’adrenalina, signor Galvagno? A lei e quelli come lei? Andando a lavorare. Con tutti i problemi che dovrà affrontare sul posto di lavoro, le boiate dei suoi capi, le rivalità con i suoi colleghi, la disorganizzazione endemica dell’azienda le viene tutta l’adrenalina che vuole. E alla sera dovrà prendere un infuso di valeriana, melissa e melatonina!