«Le pressionnisme» capitanati da Basquiat a Bando: così è stato denominato il movimento dei graffittari americani e francesi. Alla Pinacothèque de Paris hanno organizzato una mostra, in centro città, proprio dietro alla chiesa della Madeleine e all’Operà. Gran parte di questi graffittari è stata perseguita per legge e ha operato illegalmente. Poi mi sono aggirato per il quartiere di Belleville e ho trovato graffiti, diciamo così, istituzionalizzati e quelli illegali, anti-sistema. Ho visto anche camion, furgoni, camper, decorati mirabilmente dai graffittari. Probabilmente, per queste ultime si tratta di “opere concordate”. Nel quartiere di Belleville si aggira una folta minoranza cinese e maghrebina, ma tutti i dintorni di Parigi sono graffitati lungo le vie di accesso ed è un bene considerato l’assoluto squallore dei raccordi, degli svincoli, dei passaggi urbani indecorosi. Ho anche visto le vaste brutture della pubblicità, cartelloni immensi e privi di vita, brutti, spesso idioti, con donne finte, seni invitanti, mani sulla patta dei jeans da comperare. Non si può confondere Parigi (e nella foto qui sopra c’è un “suo” graffito) con Trieste o con New York, né le iniziative di aperto vandalismo con gli artisti di strada, ma un paio di cose si possono dire: che i graffittari sono per loro intrinseca natura illegali, trasgressivi e antagonisti al sistema (nonostante il tentativo di organizzarne una mostra). Qualsiasi forma di legalizzazione ne impoverirebbe il carattere, che nasce come movimento degli emarginati, dei gruppi e comunità out; E che definire cosa è artistico e cosa non lo è, non è compito di nessuno in questa forma di trasgressione culturale fuori sistema. Qui non esiste critica d’arte che possa canonizzare un’estetica, sebbene a posteriori si possa e si debba analizzare tipologie e ambiti, dal tribalismo, al naïf, alla denuncia ideologica eccetera eccetera. Terza e ultima cosa, che il graffitismo, come molti altri aspetti del nostro stile di vita, è l’alter ego di ciò che siamo ogni santo giorno e vale a dire: incuranti dell’ambiente, incuranti di chi vive in povertà, incuranti della bruttezza edilizia, incuranti delle oscenità pubblicitarie. Per tutta questa e molta altra incuria, dobbiamo pagare un prezzo e i graffiti non rappresentano quello più caro, anzi. Pensiamo alla salute, allo stile di vita compulsivo, al feticcio degli oggetti che possediamo (penso all’automobile), alle alluvioni cicliche che subiamo dopo aver desertificato l’ambiente, agli alimenti alterati, inquinati, il cibo di Frankenstein. Ecco perché trovo ridicolo tentare di istituzionalizzare i graffittari; trovo ridicolo perseguirli come criminali effettivi; trovo ridicolo aprire il confronto sull’educazione da dare ai nostri figli quando siamo così cattivi maestri ogni santo giorno. Certo che bisogna contenere il fenomeno, arginarne i risvolti teppistici, combattere il vandalismo gratuito, ma bisogna anche conviverci, riflettere su cosa esso rivela, cogliere il sintomo perché la malattia siamo noi.
L’INTERVENTO DI MARCO COSLOVICH pubblicato il 23 marzo 2015 su IL PICCOLO
Enza P.C.
25 marzo 2015 at 09:28
Riflessioni amarissime gentile Coslovich alla fine del suo articolo per buona parte condivisibile e apprezzabile. Però:
“Ecco perché trovo ridicolo tentare di istituzionalizzare i graffittari; trovo ridicolo perseguirli come criminali effettivi; trovo ridicolo aprire il confronto sull’educazione da dare ai nostri figli quando siamo così cattivi maestri ogni santo giorno”
Però c’è poco da trovare RIDICOLO il tentare di contrastare l’avanzata folle del degrado.
Non c’è da ridere, mi creda.
Anche se l’essere cattivi maestri è la caratteristica principale dell’italiana trascuratezza e della rassegnazione.
Anche se girando in città come Milano, che fra pochissimo (36 giorni) accoglierà i visitatori di Expò, completamente devasta da segnacci disgustosi, assurdi e deprimenti, è però prevalentemente lasciata nell’incuria di chi la abita molte strade. RASSEGNARSI E FUSTIGARSI non porta avanti verso la luce.
Ferma solo l’immagine negativa, la cristallizza. Non è sano, non è bene.
Anche se effettivamente “Noi stiamo tutti assistendo a un film politico di troppa gente che è affannata più ad avvoltolarsi su se stessa che a prendere COSCIENZA del danno progressivo prodotto dalla LENTEZZA DI PENSIERO E AZIONE”.
Un danno presto irreversibile.
Noi un tempo eravamo il Bel Paese, perché ogni persona mediamente intelligente aveva cura dei suoi spazi, li difendeva e si inorgogliva della loro bellezza naturale e creata dall’uomo. Ora i più vivono di stanchezza e di abbandono, sarà che siamo un PAESE DI VECCHI e la speranza si affievolisce come la forza e la voglia di essere protagonisti attivi nel proprio territorio, sarà perché tutto viene guardato attraverso orrendi “occhiali sulle cui lenti sono impressi i segni della moneta in corso” e così si vede malissimo e non si riesce proprio a capire che STARE FERMI E LAMENTARSI AVVICINA SOLO LA FINE.
Le garantisco che i tanti ragazzi che noi volontari incontriamo quando facciamo eventi di riqualificazione insieme ai loro insegnanti sono MOLTO SENSATI e propositivi e anche capaci di suggerire sane e giuste soluzioni. Poi è chi “avrebbe l’obbligo e il dovrebbe di decidere di far girare veloce l’energia migliore” che invece preferisce INGABBIARLA.
Per farne forse un macabro trofeo da salotto della sua dabbenaggine e a totale spregio della collettività.
Questo si va combattuto con forza, ogni giorno, ogni minuto, a ogni respiro e lo deve fare ogni persona di buona volontà. L’anagrafe non conta, glielo garantisco.