In questi giorni a Napoli accadono fatti così spaventosi che accennare a tragedie della cultura potrebbe apparire fatuo. Non è così: l’apocalissi napoletana è di civiltà e incomincia dall’ignoranza assoluta che degrada la convivenza a bosco di fiere. Perciò debbo parlare d’una cosa gravissima.
La basilica di Santa Chiara è uno dei luoghi insigni dell’arte gotica mondiale. Quel che ne resta, ch’è pur sempre molto, è scampato a un efferato bombardamento americano del 1943 a seguito del quale la chiesa arse per due giorni di seguito, e andarono perduti gli affreschi di Giotto. Ma oggi la basilica ha nemici non meno efferati dei bombardieri: più insidiosi e membri di un esercito che, invece di combattere nella Seconda guerra mondiale, combatte contro la civiltà.
I capolavori dell’arte scultorea dovuti a Giovanni e Pacio Bertini, a Tino da Camaino, ad Antonio Baboccio da Piperno, sono imbrattati dalle oscene scritte fatte coi pennarelli da individui apparentemente in visita; o da « graffiti», come oggi li chiamano: e ci sono sventurati che scrivono articoli per dimostrare ch’essi sono la più moderna espressione dell’arte figurativa. I poveri francescani del convento non ce la fanno a garantire una guardiania, che dovrebb’essere costante; già si debbono dannare per difendere il chiostro majolicato, altra somma opera d’arte, dalle stesse insidie.È chiaro che dovrebbe occuparsene il ministero dei Beni culturali; ma il ministro Franceschini ha altro a cui pensare. Il consigliere municipale con delega al centro storico napoletano, Pino De Stasio, ha denunciato di essersi rivolto per ben due volte a Franceschini senza aver ottenuto risposta; con l’articolo uscito sul «Corriere del Mezzogiorno» fanno tre: e Franceschini continua a tacere.
Articolo di Paolo Isotta pubblicato il 30 marzo 2015 sul Corriere della Sera
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