Milano
Non c’è più religione. Nemmeno per i graffitari. Esisteva un codice tra i writer. C’erano delle regole non scritte. Poche, ma chiare. Non si usano le bombolette su monumenti, o sui lavori dei «colleghi». E nemmeno sulle chiese. Ma la «vecchia scuola» è morta e sepolta da tempo. E gli edifici religiosi di Milano si scoprono feriti da tag e disegni. Almeno quindici, quelli sfregiati a colpi di spray. Nel cuore della città, ma non solo.
A voler compiere un tour del degrado, si può comodamente cominciare dal centro. In particolare dalla Basilica di San Lorenzo, una delle più antiche della città. Edificata in età romana, ha subito diversi interventi strutturali nel corso dei secoli. Le scritte compaiono in tutta evidenza nelle parti posteriori dell’abside, quelle che affacciano sui giardini di piazza Vetra. Sarebbe fin troppo generoso definirle «tag», le firme dei graffitari. Tendono più che altro allo scarabocchio. Anche l’opera del miglior Banksy, comunque, difficilmente si sposerebbe con l’architettura paleocristiana della Basilica.
Una breve passeggiata e ci si sposta in corso Italia, Santuario di Santa Maria dei Miracoli, costruita in pieno Rinascimento. Anche in questo caso i «virtuosi» della bomboletta hanno lasciato alcuni sgraditi ricordi sul retro, lato giardinetti di via Lusardi.
E viene da chiedersi se Francesco Petrarca gradirebbe i graffiti che segnano l’istituto delle suore Orsoline, dove lui stesso visse, in via Lanzone (dove peraltro gli amanti della bomboletta non hanno avuto pietà per i portoni delle abitazioni), a due passi dalla Basilica di Sant’Ambrogio, e sulla vicina chiesetta di Sant’Agostino, al civico 30 della stessa strada che il poeta amava frequentare e che sulla facciata esibisce una targa a imperituro ricordo del «divo Agostino, chiamato alla luce della fede da Sant’ Ambrogio, Anno Domini 387». Il copione si ripete fuori dal centro (la parrocchia all’angolo tra viale Corsica e viale padre Kolbe, il Monastero Agostiniane di via Ponzio, o quella dei Santi Silvestro e Martino di viale Lazio), all’ombra dei grattacieli che svettano sulla stazione Garibaldi (il Santuario di Sant’Antonio tra via Farini e via Quadrio, la Chiesa di Sant’Angelo, lato via Moscova), o ancora a due passi da Porta Venezia (la basilica intitolata a Santa Francesca Romana in via Alvise Cadamosto). Fabiola Minoletti, segretario dell’Associazione nazionale antigraffiti non usa mezzi termini: «è una deriva vandalica che non conosce più limiti».
La memoria corre al novembre 2014, quando non venne risparmiato nemmeno il portone dell’edificio religioso più importante della città, il Duomo. Ancora la Minoletti: «Studio il fenomeno del graffitismo dal 2008, quello contro i monumenti in particolare dal 2011, quando pubblicammo un censimento degli edifici colpiti; la situazione non conosce miglioramenti, sono gesti che offendono la città e la sua storia».
15 Gli edifici religiosi e le chiese della città che presentano imbrattamenti da parte dei fanatici della bomboletta
Foto: La chiesetta di Sant’Agostino Caro a Petrarca, il piccolo edificio sacro di via Lanzone è stato più volte imbrattato
Foto: Il santuario di Sant’Antonio da Padova all’angolo tra le vie Farini e Quadrio, ripetutamente sfregiato dai graffitari
Foto: La parrocchia di via Padre Kolbe 5 non è stata risparmiata dai writers: a più riprese hanno dato sfogo agli spray
Articolo del Corriere della Sera di Federico Berni del 6 Settembre 2015
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