Writer e decoro come dialogare

Milano

Da qualche giorno, in corrispondenza dei principali incroci della città, sulle centraline di controllo dei semafori sono comparse dozzine di disegni vivaci e originali. Per esempio, in piazzale Maciachini due allegre figure stilizzate su sfondo rosso ci parlano di vero amore, true love; in viale Marche il volto pensoso di un signore barbuto scruta i passanti; in via Tolstoi campeggia la testa di un’aquila; un po’ dappertutto si vedono immagini ora giocose (un gigantesco due di picche) o irriverenti, sempre ipercolorate, come quella più fotografata, un grande insetto meccanico che vola in un cielo azzurrissimo. È il risultato di Energy Box, una recente iniziativa di A2A e Fondazione Aem, che, con la benedizione del Comune, hanno affidato 150 centraline alle cure amorose di 50 writer (o street artist, come li definisce chi ha maggiore considerazione del loro ruolo), all’opera in questo settembre. Così da ora in poi gli automobilisti in coda al semaforo, quando alzeranno lo sguardo dal volante, potranno compensare l’assai poco ecologica visione dello scarico delle macchine adiacenti con quella più piacevole di questi dipinti di strada.

Pur se varato da pochi giorni, Energy Box ha già suscitato ampio consenso. Per i tanti che lo condividono vanno fatti almeno due nomi: Davide Tinelli, in arte «Atomo», da sempre street artist, che nella vita «reale» lavora all’A2A, e in questa veste ha immaginato il progetto, lo ha proposto ai vertici della sua società con caparbietà, fino a che non è andato in porto; e Flavio Caroli, studioso di storia dell’arte serio, ma anche pop, come sa chi lo segue in tv da Fabio Fazio, supervisore dell’iniziativa.

Come sempre in questi casi, gli esiti artistici sono alterni; in generale pare però di poter dire che l’effetto finale è più che buono; in ogni caso, al di là dell’aspetto estetico, Energy Box si raccomanda per l’idea di fondo: trovare un ruolo e una collocazione ai graffitari, anziché demonizzarli e basta. Da questo punto di vista va anche segnalata un’iniziativa avviata da poco in città: la mostra di un altro street artist, KayOne, presso la Fondazione Pasquinelli, serissima sede espositiva di corso Magenta dove solitamente si mostrano capolavori dell’arte contemporanea, di autori come Mirò, Picasso, De Chirico. È ovvio che tutto questo non è affatto sufficiente a risolvere il problema degli orrendi graffiti, ma di certo un miglior rapporto dialettico tra istituzioni e ragazzi è il primo passo per instaurare quel dialogo che può portare alla riduzione del fenomeno.

Articolo del Corriere della Sera di Andrea Kerbaker del 1 Ottobre 2015

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