Empoli
«Come possono essere felice se non ho della vernice?«. E’ lo slogan che ha accompagnato ieri un corteo di una settantina di manifestanti, vivaci e creativi. Writers e non, tutti insieme sotto il segno dell’UrbanBeingLab e della Comunità in resistenza/Csa Intifada per dire no a città grigie e sì al diritto di colorarle un po’. A suon di bombolette ed estro. Pellicola trasparente (tipo quella utilizzata in cucina) come tela, alberi o pali urbani come sostegni di questi originali quadri improvvisati. E poi idee. Da sfogare, tradurre in colori e segni. Messaggi perché qualcosa possa cambiare. Sono stati gli ingredienti principali della prima ‘Street art parade’ «per i diritti sociali, per portare un po’ di colore nel grigio della nostra città, perché quando il grigio oltre che invadere le nostre strade e le piazze investe i nostri sogni le nostre speranze, in questi tempi grigi di crisi, serve fare movimento!», dicono gli organizzatori. Prima tappa della originale manifestazione, via Buozzi. Il raduno intorno alle 16 è scattato all’altezza di via Leonardo da Vinci. Da lì i sostenitori di una ‘città da scrivere’ hanno iniziato la loro opera colorata. Sotto gli occhi degli agenti della polizia presenti per il servizio d’ordine, di passanti e curiosi, catturati da tanta energia. Del resto, non è roba da tutti i giorni vedere il giardino che corre lungo la ferrovia attraversato da graffiti di ogni colore, messi come separé tra alberi e panchine. Da lì il corteo si è poi spostato in piazza della Vittoria, dove la ‘Street art parade’ è proseguita a ritmo di musica. Di rap, cantato dal vivo pure quello per denunciare ciò che, secondo gli organizzatori, proprio non va. «Non possiamo rassegnarci a vivere in una provincia dove l’organizzazione di una fiera con concerti diventa un’occasione per fare soldi», sottolineano. «Dove la mercificazione della cultura diventa solo un altro business per lobby cultural-politiche: c’è bisogno di sognare il futuro e colorarlo con i nostri graffiti. Bisogna uscire dai nostri luoghi e contaminare gli spazi esterni. Perché la società che sogniamo è una società fatta di diritti per tutti. E perché questo tempo – concludono – è il nostro tempo. Di writers, di musica da strada, di hip hop».
Articolo di QN La Nazione del 4 Ottobre 2015
Mauro Bosio
6 ottobre 2015 at 03:02
Certo si chiama il “tempo delle mele” quel periodo che i giovani con la pretesa di spazi da personalizzare descrivo così “c’è bisogno di sognare il futuro e colorarlo con i nostri graffiti. Bisogna uscire dai nostri luoghi e contaminare gli spazi esterni. Perché la società che sogniamo è una società fatta di diritti per tutti. E perché questo tempo – concludono – è il nostro tempo. Di writers, di musica da strada, di hip hop”.
Come non trovare eccitante un pensiero così e così ben pubblicamente presentato? Ok: allora fate un bel progetto di lavoro creativo per la società tutta, non solo per la fascia di età 15/30.
Perché poi arriva il tempo dei “fichi d’india con tutte le spine” e arriva per tutti, non si scappa.
Prima si ripuliscono 20 mt quadri dalle tag vandaliche, poi si ridipingono 5 mt quadri, mi sembra un percentuale ragionevole, che ne dite?
Perché un minimo di progetto di base in questa sclerotica società bisogna pur darlo quando mostra un battaglione di combattenti, prevalentemente imbrattatori e creativi che esigono tutto e subito, con la bomboletta pronta allo spruzzo. Vuoi spazi pubblici, guadagnateli!