Dalla sezione “Lettere e commenti”
Cose così
L’attrazione fatale del muro bianco! Bello, pulito, pronto per sottostare alla furia degli imbrattatori, quelli che godono a rovinare la cosa altrui. Performance di maleducazione e di ignoranza, una mania graffitara che non abusa soltanto della proprietà privata ma anche e spesso di quella pubblica. Ma il Comune non siamo tutti noi? Non sono anche loro? Forse è un modo per esprimere il disagio e per comunicarlo, però a spese degli altri. Quando ancora esistevano le cabine telefoniche non era così raro trovarle devastate da una contestazione incomprensibile, ora si è passati alle scritte con lo spray, segni sempre uguali perché fatti con gli stessi cartoni, slogan, dichiarazioni d’intenti, minacce, avvertimenti. Anche qualche dichiarazione d’amore, che meglio sarebbe venisse comunicata verbalmente all’interessato. Muri come una bacheca gigante per esprimere noia o rabbia o semplicemente trasgressione. I cittadini si lamentano del degrado e sono pronti a fornirne la mappa affinchè sia possibile rimediare, ma si chiedono anche perché il ripristino tocchi a chi ha subìto il danno, mentre chi l’ha fatto sa che nella gran parte dei casi resterà impunito. Si parla degli scarabocchi, ovviamente, non dei murales che hanno ben altro valore. È contro i primi che la gente invoca da tempo interventi drastici, a partire da una maggior sorveglianza e dalla riparazione del danno da parte di chi l’ha provocato. Magari anche questo servirebbe come prima lezione di educazione civica. Risulta tuttavia impossibile tener d’occhio l’intera città, specialmente di notte, ma provarci non sarebbe male come deterrente. Intanto non resta che ricorrere alle soffiate e si sa che fare la spia non è mai un ruolo appagante. Ad ogni modo basta contattare l’Ufficio relazioni pubbliche attraverso la piattaforma SensorCivico oppure con WhatsApp. Il Comune chiede la collaborazione dei cittadini per intervenire. Ma mentre quelli se la cavano, il privato avrà solo il vantaggio di pagare per il ripristino una cifra inferiore al costo grazie all’integrazione dell’ente pubblico, un aiuto economico per mantenere presentabile la città. Qualche caso viene scoperto solo per fortuna, ma non è sufficiente per fermare le bombolette. Recentemente una ragazza scoperta a sporcare la facciata di un palazzo in pieno centro è stata condannata al pagamento di 2.000 euro e a 15 giorni di reclusione. Dovrà stare più attenta la prossima volta avranno pensato i suoi compagni che ovviamente hanno un concetto distorto della libertà. O anche solo del rispetto. C’è chi li giustifica citando i graffiti rupestri, come dire che lo si è sempre fatto da che mondo è mondo. Vogliamo forse spiegarne la differenza? I murales – si diceva – sono tutt’altra cosa. Esempi esistono a Roma, dove un quartiere costruito con palazzoni anonimi e grigi è diventato addirittura meta di un itinerario turistico. O dove un muralista ha abbellito il sottopassaggio nei pressi della Piramide con disegni geometrici di pregio. Esempi esistono a Trento dove in questi giorni il sottopassaggio di via Canestrini è stato ripulito e rimesso a nuovo proprio da artisti di strada che hanno partecipato a un concorso e inviato il bozzetto dei disegni proposti. Così, avvalendosi dei materiali messi a disposizione dagli educatori della cooperativa Arianna, hanno dimostrato che cosa significhi essere cittadini. Ovvio che questi sono tutt’altra cosa dei vandali autodefiniti «writers», sono persone che mettono la propria arte su una tavolozza diversa dal solito, concessa e addirittura richiesta per dare colore ai muri che così diventano più allegri e dignitosi. Artisti nomadi ai quali si rivolgono le amministrazioni comunali, come è successo a Pisa dove sono state messe a disposizione sette pareti da dipingere nel centro della città. Gli imbrattatori hanno altri obiettivi. Meglio sarebbe se si esercitassero su un foglio di carta, come spesso succede mentre si ascolta qualcuno durante una lezione o una tavola rotonda. Quei segni, secondo gli esperti del comportamento umano, sono stati recentemente riabilitati come modo valido per migliorare la concentrazione e anzi per favorire la creatività. E così, senza far danni, potrebbero esercitare quella libertà di pensiero e di azione dietro la quale si nascondono. Sarebbe già un passo avanti.
Articolo de L’Adige di Sandra Tafner del 16 Novembre 2015
Enza P.C.
17 novembre 2015 at 08:28
I segni sulla carta nascono dalla capacità di fare vuoto mentale e lasciarsi guidare la mano dall’irrazionale.
Pare abbastanza diffuso che il “vuoto mentale” di chi imbratta, senza alcuna pretesa di esprimersi in senso artistico, sia la condizione primaria a cui il vandalo fa riferimento.
Osannassero tutti di meno certi street artist, che una volta sdoganati dall’anonimato sanno poi solo fare disegnini banali, fumettistici e ripetitivi. E’ solo un ulteriore imbrattamento legalizzato spesso.
Fanno roba che i bambini già a 4 anni sanno disegnare e colorare meglio di loro.
Siamo in una società rimbambita da induzioni al pensiero livellato al basso, sempre più in discesa.
Perfino il simbolo di ribellione al male subito da Parigi è stato di corsa attribuito ai meriti del misterioso
Bansky…
Bhe… non è suo. E’ un “simbolo di pace che appartiene al mondo” fatto dal grafico, penna anche del “New York Times”, Jean Jullien.