CATANIA
L’ operazione Street art cominciò questa estate, a luglio, quando, per provare ad abbellire i silos granari del porto, l’ultimo tocco di colore consegnò alla città di Catania le opere di sette artisti internazionali ispirate ai miti siciliani . Nacquero così “Triskelion e la fuga di Ulisse da Polifemo” dell’ucraino Waone, “La storia non scritta di Colapesce” di Bo130, “La bella di Bellini” dello spagnolo Okuda, “Il moto perpetuo di Scilla e Cariddi” della catanese Microbo, “Barattoli” di Vlady art, altro portbandiera catanese, “Senza titolo” di un altro spagnolo, Rosh 333, e “Minotauro” di Danilo Bucchi. Un’operazione monumentale rilanciata a settembre quando il portoghese Vhils ha dipinto i silos dal lato affacciato sul mare, come una sorta di benvenuto a chi arriva in città a bordo delle navi. L’artista portoghese è l’autore di uno sguardo immenso e profondo che è insieme sinonimo di apertura e accoglienza per tutti i popoli che arrivano dal mare da parte di un popolo che vive il mare. E con la consegna della sua opera alla città ha preso vita il progetto che ha portato all’inaugurazione della mostra “Codici Sorgenti. Visioni urbane contemporanee”, allestita al Palazzo Platamone in via Vittorio Emanuele, a Catania ,visitabile fino al 18 gennaio e promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo a cura di 999 Contemporary: una mostra che dialoga a distanza con i graffiti del porto e che racconta il percorso che ha portato la street art a diventare il primo movimento artistico globale e il più partecipato dell’intera storia dell’arte. Insomma, Catania si incorona così capitale della street art, in un percorso di fantasia e di colori che dai silos granari porta a Palazzo Platamone, con un respiro di allegra contemporaneità tra demtro(il palazzo) e fuori (il porto). E fa riflettere come questa improvvisa esplosione di creatività metropolitana nasca come interventi urbano per correggere lo scarso appeal, come ha riconosciuto lo stesso sindaco Enzo Bianco, dei silos granari. Insomma, l’arte da strada mirata a un decoro urbano d’auore che parla la lingua d’oggi. Lo sguardo degli artisti selezionati è ampio e va dalle forme primitive dei graffitari degli anni Sessanta ai mostri sacri che hanno fatto vibrare gli animi della New York anni Ottanta, ai più importanti esponenti della Street art di nuova generazione fino alle espressioni artistiche contemporanee sempre più richieste e ricercate. Le opere esposte sono tutte di forte impatto emotivo, sia quelle realizzate con bombolette spray colorate, le cosiddette “primitive” – perlopiù fatte di nomi, segni, numeri sia quelle più complesse e articolate che utilizzano i materiali più vari e le tecniche più spettacolari; ed è la prima volta che opere di “graffitari” vengono raccolti in una narrazione storica, lineare, unica e mai rappresentata. Tra le opere esposte, Delta 2, Sharp, Crash, Mesnager, autore dell’uomo bianco; presenti le forme primordiali di Microbo, la prima writer catanese, e poi i visi spettacolari di Whils che meravigliano e inquietano allo stesso tempo. Straordinari i micromosaici di Invander, gli “stancil” di C215 e i suoi volti di senza fissa dimora diventati il simbolo di una fortissima denuncia sociale. Così come non potevano mancare le figure di Obey, compresa l’immagine di Obama diventata prima copertina del New York Times e poi simbolo stesso della sua campagna elettorale, che inneggiano al principio dell’uguaglianza sociale e della libertà individuale. Bellissimi e intensi i volti segnati dalle profonde rughe di JR; inconfondibili gli animali di Ericailcane e la sua denuncia contro l’avidità e lo strapotere potere del denaro; spettacolari le lettere arabe di Bel Seed che abbelliscono le città e le icone in stile bizantino di Faitakis, che in un’opera in particolare sembrano anticipare l’attacco ai valori e alla cultura occidentale, fino a culminare nell’opera di Conor Harrington che assembla tutti gli stili e diventa ibridazione dei linguaggi, riprogrammazione degli immaginari e riposizionamento dei valori che sono poi i “codici sorgenti” che hanno dato il la «alla fondazione di un nuovo agire artistico globale utilizzato come dispositivo per disinnescare la deriva monoculturalista avviata dalla globalizzazione economica». Una grande esposizione di opere, che diventa storia della contemporaneità, presa di coscienza, visione e nello stesso tempo speranza. La mostra è una vera e propria antologia dei protagonisti della street art dagli anni ’80 fino ai nostri giorni con pezzi unici e straordinari, ed è la più importante mai organizzata su questa particolare forma artistica spontanea nata fuori dalle aule accademiche, che ha visto l’esperienza artistica reagire alla polarizzazione culturale contemporanea e conquistare sempre più e sempre meglio il favore del pubblico. Le opere in esposizione sono oltre cento e realizzate da cinquanta artisti provenienti da quattordici Paesi del mondo e arrivano tutte da collezioni private; sono riprodotte in scala ridotta e su supporti diversi rispetto agli originali spesso dipinti su grandi muri, ma sono comunque quelle che hanno preso vita su pareti di palazzi, su treni, su porte e in generale su oggetti di arredo urbano compresi i cassonetti della spazzatura. Sono opere che i writers hanno cominciato a realizzare anche su richiesta di galleristi che si sono sempre più interessati e a questa nuova e originale forma d’arte. Le immagini sono il risultato di un percorso completo di tutti i processi che hanno portato la cosiddetta street art a diventare il movimento artistico globale che racconterà ai posteri il mondo all’epoca della prima globalizzazione, le lotte sociali e le ribellioni al dato e costituito. È organizzata in tre sezioni che raccontano la nascita, sviluppo e la consacrazione del fenomeno. Le opere presenti sono di A One, 108, Agostino Iacurci, Alexis Diaz, Alexone, Bo 130, Boris Tellegen (a.k.a. Delta), Brad Downey, C215, Clemens Behr, Conor Harrington, Crash, Delta 2, Dondi White, Doze Green, El Seed, Ericailcane, Eron, Escif, Evol, Faile, Feitakis, Gaia, Herbert Baglione, Horfee, Inetresni Kazki, Invader, Jaz, Jeff Aerosol, Jenkins, Jonone, JR, Judith Supine, Kool Poor, L’Atlas, Lek&Sowat, Lucy Mclauchlan, Matt Small, Maya Hayuk, Mensanger, Miss Van, Momo, Moneyless, Peeta, Rammellzee, Retna, Roa, Seth, Philippe Baudelocque, Sharp, Shepard Fairey, Sten-Lex, Swoon, The London Police, Todd James, Toxic Vhils. Mostra a parte,tra gli alfieri cittadini di questo movimento artistico da strada c’è Vlady Art, catanese cresciuto a Milano prima e in Irlanda poi, con esperienze anche in Finlandia, Germania e Ungheria, creatore di messaggi forti e ironici con i suoi interventi “site specific”, dedicati, cioé, a luoghi mirati, o di installazione. «A Berlino, New York, ma pure a Milano, la gente è assai ricettiva. A Catania invece si opera spesso nella totale indifferenza dei passanti. Nessuno dice nulla, il che è male e bene, dipende dalle circostanze», ha detto l’artista dopo l’installazione dell’estate scorsa. Suoi i “Barattoli” realizzati ai silos del porto, opera di stencil spray e acrilico su metallo. La street art in rosa invece è rappresentata da Microbo (un nome d’arte che la rappresenta bene, ha detto), autrice di “Scilla e Cariddi” al porto, altra artista formatasi in giro per il mondo che ha all’attivo circa ottanta mostre e una decina di interventi museali. Le sue opere, infatti, , attente a mostrare «ciò che non possiamo vedere», hanno segnato le strade di tante città ma anche le gallerie.
ARTICOLO DELLA REPUBBLICA DI NUNZIA SCALZO DEL 7 GENNAIO 2016
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