BOLOGNA
Giulio Volpe, lei è un avvocato dell’arte, esperto e autore per Cedam del «Manuale di diritto dei beni culturali»: cosa pensa del dibattito sui graffiti di questi giorni? «Ho pensato subito che ci fossero molti nodi da sciogliere sul piano giuridico: questioni relative al diritto morale e patrimoniale d’autore, questioni relative alla attribuzione della proprietà delle opere, questioni relative alla futura destinazione delle opere stesse». Le dinamiche anche giuridiche relative alla street art sono poco indagate perché il mercato se ne è occupato ancora poco? «Il mercato non poteva occuparsene molto poiché queste opere nascono, e non sono certo il primo a dirlo, per rimanere sui muri che le ospitano, dei quali, per volontà dei loro autori, dovrebbero seguire il destino. Staccandole, è indubbio che l’opera si snaturi, perda una componente della sua identità necessaria. Si presume poi che una volta staccate possano assumere, in potenza, una nuova vita commerciale, ma avranno inevitabilmente una diversa identità». Diciamo che alcuni aspetti teorici sono stati già sviluppati dagli autori del progetto (a breve Luca Ciancabilla pubblicherà per Bup un testo critico sul tema): si parla di salvaguardia di opere desinate alla distruzione. «Ben venga il salvataggio, fatta salva la de-contestualizzazione di cui sopra, che potrebbe irritare non poco gli artisti di strada, sebbene la proprietà dell’opera sia passata al proprietario del muro al momento della realizzazione. Non dimentichiamo che rimangono loro i titolari del diritto morale d’autore e che possano fare valere la loro titolarità del diritto di riproduzione, che passa soltanto ove espressamente negoziato». Quindi potrebbero opporsi anche alla pubblicazione della loro opera su un libro. «Non lo escludo». Ma a parte la riproduzione, potrebbero opporsi, cosa più importante, anche a una mostra? «Vi sono diritti patrimoniali d’autore che “seguono” la proprietà dell’opera. Tra questi vi sarebbe il diritto di esporre l’opera in pubblico; non così, come si diceva, per il diritto di riproduzione, che come detto deve essere ceduto espressamente». Questione complicata. «Certo, a diradare la nebbia sarebbe auspicabile l’intervento delle istituzioni cittadine che in questo contesto sembrano essere il vero convitato di pietra».
ARTICOLO DI FERNANDO PELLERANO DEL CORRIERE DI BOLOGNA DEL 8 GENNAIO 2016
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