MILANO
È UNO dei pionieri della street art e nell’ambiente dei graffitari un mito vivente. Il parigino Blek le Rat, al secolo Xavier Prou, continua a essere uno dei protagonisti mondiali dell’arte urbana e a influenzare generazioni di writers. Oggi alle 18.30 sarà all’Istituto Francese di via Magenta e da settimana prossima apre la sua prima personale italiana (il 19 preview a inviti e il 20 inaugurazione a ingresso libero) nella nuova galleria Wunderkammern, già attiva a Roma e da ora anche a Milano in via Ausonio, tra i cui soci figura Dorothy de Rubeis, moglie di Giuseppe Sala, candidato alle primarie del centrosinistra per la poltrona di sindaco. Blek le Rat, si riconosce sotto l’etichetta di padre della street art? «Non ho inventato niente, la street art c’era già a Pompei duemila anni fa. Oggi è solo tornata l’esigenza, sempre esistita, di comunicare e di usare i muri per farlo. Il movimento è più potente che mai e sono sicuro che ha ancora un grande futuro perché noi ci rivolgiamo a tutti. Non come l’arte concettuale, che per me è la morte dell’arte, ripiegata su se stessa e accessibile a una piccola setta di iniziati. So di farmi dei nemici dicendo questo, ma pazienza. Noi street artist, invece, proponiamo una vera democratizzazione dell’arte». Il suo marchio distintivo, da trentacinque anni a questa parte, è l’uso dello stencil e anche in questo caso le viene riconosciuta una primogenitura. «E anche in questo caso non è vero. Certamente sono uno di quelli che l’ha diffuso nel movimento street, ma ancora una volta ho adattato alle mie esigenze qualcosa che già esisteva. A Padova nel 1961, avevo dieci anni ed ero in vacanza con la mia famiglia, ho visto sui muri alcune vestigia della propaganda fascista: volti di Mussolini, di profilo con l’elmetto, di una forza visiva impressionante. Vent’anni dopo a Parigi ho provato a fare i primi graffiti di notte, con la bomboletta, ma non padroneggiavo la tecnica e sono venuti malissimo. Allora mi sono ricordato del Duce a Padova e ho iniziato con lo stencil». Sui muri si vede di tutto, ma il dibattito su cosa sia arte e cosa no è ancora aperto. Qual è il suo punto di vista? «Amo molto le tag dei ragazzini che agiscono di notte, non è il mio modo di lavorare ma li rispetto. È vero che alcuni hanno un approccio aggressivo e distruttivo, ma nasce dalla necessità di comunicare e di non farsi distruggere dalla città (Blek si avvicina alla finestra e indica la facciata di un edificio di via Ausonio). Le vede quelle tag fatte con la bomboletta? Per me sono un regalo alla città». Probabilmente chi vive lì la pensa diversamente. «Non è importante, certo costerà ripulirle, ma per me conta di più che chi le ha fatte aveva un’esigenza vitale di esprimersi, urgenza di lasciare un segno e affermare la propria esistenza». A proposito di dipinti fatti di notte, lei ha avuto qualche problema con la giustizia. «Un cattivo ricordo. Nel 1992 stavo dipingendo per strada una Madonna col bambino ispirata a Caravaggio e mi ha preso la polizia. Mi hanno processato e condannato. Mi hanno umiliato. Sono deluso dal mio paese e non espongo più in Francia. Se Banksy fosse stato francese non avrebbe avuto lo stesso successo». Già, Banksy, che di lei ha detto: “Ogni volta che dipingo qualcosa, scopro che Blek le Rat l’aveva già fatto vent’anni fa”. Cosa pensa di lui? «Lui rappresenta la nuova generazione, io sono “old school”. Banksy a venticinque anni aveva già capito il sistema dell’arte, io ne ho impiegati quaranta per comprenderlo. Si dice che da ragazzino fosse un teppistello e per questo mi è ancora più simpatico, ma è dotato di talento e intelligenza fuori dal comune».
ARTICOLO DI MICHELE TAVOLA DEL 14 GENNAIO 2016, LA REPUBBLICA
Petter Brown
16 gennaio 2016 at 06:49
Contenti milanesi con i quartieri con le case piene di tag che fanno schifo? E’ arrivato un nuovo guru, promotore dell’imbratto libero in città.
Leggete bene:
“La settimana prossima apre la sua prima personale italiana (il 19 preview a inviti e il 20 inaugurazione a ingresso libero) nella nuova galleria Wunderkammern, già attiva a Roma e da ora anche a Milano in via Ausonio, tra i cui soci figura Dorothy de Rubeis, moglie di Giuseppe Sala, candidato alle primarie del centrosinistra per la poltrona di sindaco.”
Preparatevi al peggio.. sembra proprio non ci sia un candidato sindaco che si preoccupi di salvarvi, neppure in futuro, dal degrado e dall’invadenza che siete costretti a subire da anni e anni. Non contate una sverza miei cari residenti che preferiscono il decoro e la pulizia alla sporcizia della città a cui devono garantire il pagamento di tasse salate.
Perché questo signore alla domanda del giornalista “Sui muri si vede di tutto, ma il dibattito su cosa sia arte e cosa no è ancora aperto. Qual è il suo punto di vista?” risponde molto chiaramente: “Amo molto le tag dei ragazzini che agiscono di notte, non è il mio modo di lavorare ma li rispetto. È vero che alcuni hanno un approccio aggressivo e distruttivo, ma nasce dalla necessità di comunicare e di non farsi distruggere dalla città (Blek si avvicina alla finestra e indica la facciata di un edificio di via Ausonio). Le vede quelle tag fatte con la bomboletta? Per me sono un regalo alla città”. Il giornalista controbatte:
“Probabilmente chi vive lì la pensa diversamente”… e lui conferma il suo punto di vista: “Non è importante, certo costerà ripulirle, ma per me conta di più che chi le ha fatte aveva un’esigenza vitale di esprimersi, urgenza di lasciare un segno e affermare la propria esistenza”.
Bello no? State messi male parecchio abitanti di Milano, siete immersi in un film dell’orrore e pare proprio che non avrete scampo.
E pensare che questo tizio utilizza una parola molto significativa “RISPETTO” riferendosi ai vandali che tutto deturpano. Chissà se nella nuova sede, dove lui espone, arrivassero ogni notte i giovani che tanto ammira per esprimersi anche su vetrine e infissi (che “certo costerebbe ripulire, ma conta di più ecc.ecc”.) cosa accadrebbe. Chissà se la signora Dorothy de Rubeis sarebbe felice di dover investire spesso danaro per ridipingere tutto, sostituire vetrate e magari far sabbiare i lapidei.
Del resto cosa pensano quelli che abitano un posto, a detta dell’artista Blek le Rat , “non è importante”.
VIola Andreoni
17 gennaio 2016 at 07:01
“Alla manutenzione, l’Italia preferisce l’inaugurazione”.
Rassegnatevi volontari incalliti del pulito e del bello a ogni costo.
L’ha detto Longanesi, è un suo aforisma, che già nel 2012 è stato utilizzato perfino da Renzi per avallare il valore dei suoi grandi progetti.
Ma la “manutenzione” dell’esistente e la sua difesa, in Italia, continua a essere considerata un compito di altri. Ma di altri chi? Verrebbe da chiedersi. Bho…altri!
Provate voi a chiedere a tutti i candidati che qua e là stanno già sgomitano per arrivare alla poltrona di sindaco “scusi signor candidato ma, secondo lei, a chi tocca la manutenzione, la ripulitura della devastazione dell’imbrattamento di tutto?”
Enza P.C.
17 gennaio 2016 at 14:16
Certo… io temo che “sarà dura per quei piccoli della scuola di via Ariberto” credere nelle istituzioni in futuro.
Abbiamo nel 2014 incontrato piccoli di inaspettata saggezza, attenzione alla città, fiducia negli adulti e nel sindaco PISAPIA, quando insieme ad Associazione Antigraffiti e Unicef avevano “espresso il loro disagio” davanti alla città pesantemente imbrattata, presentando anche, con analisi territoriali, la loro disapprovazione al fenomeno del vandalismo.
Chiedevano aiuto.
Noi ci siamo fiondati a far lezioni sul graffitismo vandalico e poi li abbiamo portati con noi a ripulire le sedi delle loro scuole.
Erano così felici e attenti alla bellezza da faci commuovere! C’era perfino un’allieva che si era trasferita all’estero, che aveva preteso di esserci al cleaning della sua scuola e… i genitori le avevano prenotato il viaggio in aereo perché potesse esserci ad aiutare gli ex compagni.
Ma a quali “Visitors” stiamo, in modo demenziale, offrendo assurda fiducia?
Chi è questo che arriva dalla Francia e spara scemenze sui pregi dell’aggressione vandalica.
Via Ausonio che incrocia via De Amicis (quella dei Black bloc del 1 maggio per capirsi bene) secondo lui è ok – deturpata dalle tag vandaliche – perché esprime la libera d’espressione liberatoria dei più giovani?
Ma quali giovani? I peggiori solo carichi di voglia di violenza e appropriazione indebita.
Ma, per dirla alla Totò “MA…MI FACCIA IL PIACERE” signor street artist “Pantegana nera” (mi pare sia corretto tradotto in milanese).
O meglio ancora: “ma va a scuà il mar cun la forcheta!” ( traduzione “ma vai a rastrellare il mare con una forchetta” che è meglio …).
Smettetela tutti di imbrattare, smettete di diffondere la cultura dell’imbrattamento apprezzabile a vario titolo..e vergognatevi.
Si VERGOGNATEVI perché chi istiga chiunque a violare leggi, rispetto della comunità dove vive e della proprietà altrui deve SOLO VERGOGNARSI.
Giovanna Ponti
19 gennaio 2016 at 11:04
Leggo oggi su Corriere della Sera Milano una intera pagina dedicata a questa “eccellenza”, amante della diffusione del vandalismo.
Chi scrive dice che lui riempiva Parigi con grossi topi fotocopiati, per creare un senso di paura. Da questo il suo nome.
Però chi scrive non cita proprio “certe parentele eccellenti” fra i promotori dell’iniziativa.
Forse perché possono essere segnali abbastanza preoccupanti per il futuro poco roseo di Milano?