NAPOLI
CHI sarà il prossimo sindaco di Napoli? Confermiamo quello esistente o puntiamo su un nome nuovo? Dovendo optare per una figura diversa, puntiamo su un volto giovane o sulla riesumazione di figure consumate dal tempo? Si procede per via di primarie o per cooptazione dall’alto? Come liberarsi di figure imbarazzanti legate a situazioni incresciose? Come fare emergere nuovi leader da una melma partitica in crisi di identità? Problemi angosciosi che agitano il clima cittadino, in attesa della prossima consultazione elettorale per le amministrative. In questo clima, è rassicurante trovare ancora chi – come Riccardo Monti in un intervento su queste pagine (“Cinque pilastri contro il declino”, si interroga sul “che fare” per il governo di questa città. Monti individua cinque obiettivi (o pilastri): il porto, il turismo, ricerca ed innovazione, esportazione, i grandi progetti di riqualificazione urbana (Bagnoli, Napoli Est, eccetera). È una chiara esortazione a riflettere sui contenuti di quella che dovrebbe essere una vera campagna elettorale. Concordo su tutto il quadro programmatico, anche se aggiungerei altri obiettivi su cui puntare per far ripartire questa città.
Il primo aspetto da sottolineare vuole essere un richiamo all’attuale condizione di Napoli. Una città che si è liberata della “munnezza” nelle sue manifestazioni più eclatanti e vergognose, ma che conserva un diffuso aspetto trasandato di incuria, con una situazione igienica ancora inaccettabile per una metropoli che vuole diventare un riferimento importante del turismo internazionale. Una città ove lo stato delle strade, delle piazze, dei giardini pubblici e privati, del patrimonio edilizio è assolutamente indecoroso: strade e piazze sono impraticabili, i giardini sono abbandonati, le cortine edilizie si presentano – tranne casi rari – degradate e talvolta mutilate, ancorché insozzate dai cosiddetti “writers” (meglio sarebbe chiamarli “fetenti”). Il cronico caos automobilistico è in parte l’espressione del non funzionamento dei trasporti pubblici, in parte l’effetto dell’assenza di parcheggi, in parte l’assenza di organizzazione delle funzioni nell’ambito della struttura urbana. Il tutto nel permanere di mostruosi cantieri nelle principali piazze e strade cittadine, alcuni dei quali datano da oltre 20 anni, la cui durata ed i cui costi restano un mistero per tutti i napoletani.
Un secondo aspetto riguarda l’illegalità diffusa in una città ove ognuno è libero di fare quello che succede, al punto da trasformare aree sempre più vaste del suo habitat in mercati o suk, quali non vengono consentiti nemmeno in Africa o in Asia. A tanto si accompagnano manifestazioni di inciviltà e di malcostume inaccettabili che si estendono come tumori proliferanti in luoghi strategici come la ferrovia (Napoli Centrale), porta Nolana, via Caracciolo “liberata”, gli imbarchi per le isole, tratti di Corso Umberto, parti sempre più estese dell’hinterland e così via. In questo clima di buonismo e lassismo proliferano le baby gang, gli spacciatori, le prostitute, gli scippatori, i mendicanti di professione e gente del genere. Pur trattandosi in massima parte di un problema di pubblica sicurezza, una amministrazione comunale non può continuare ad ignorarla, come si trattasse di parti del paesaggio urbano. È un vero miracolo se ancora tanti turisti vengono a Napoli, dato il clima che si respira, data l’aria caotica e dimessa che la città ha acquistato nel corso degli ultimi decenni. Un terzo aspetto riguarda gli inammissibili ritardi nella organizzazione amministrativa e territoriale della città e della sua area metropolitana. Una questione che certamente risente degli indirizzi vaghi e fumosi del potere centrale e dell’assenza di quello regionale, ma che in altre realtà è già in marcia secondo strategie di crescita e proiezioni territoriali di grande interesse. Penso a Milano e non solo. Si persiste ad amministrare una città come Napoli in una ottica miope, localistica, daziaria, quasi condominiale. Mentre in tutto il mondo e particolarmente nel bacino del Mediterraneo sono in atto sfide ad alto livello con metropoli che hanno certamente meno risorse e potenzialità di Napoli.
Come dire, hanno meno “storia” e meno “natura” su cui costruire la propria fortuna. Per governare Napoli occorre un programma vasto ed ambizioso, che in prima istanza rimuova le cause del degrado, del lassismo. Bisogna operare affinché la città non sia trascurata, affinché ogni dipendente comunale faccia il proprio dovere, affinché ogni cittadino si convinca delle proprie responsabilità nei confronti di un patrimonio che non è soltanto suo.
ARTICOLO DI FRANCESCO LA REGINA DEL 20 GENNAIO 2016, LA REPUBBLICA
Commenti recenti