FIRENZE
«Abbiamo preso un graffitaro». Era il 2007 quando Graziano Cioni tuonava così, da piazza della Signoria, durante una diretta di Annozero . L’assessore sceriffo inaugurò la guerra contro le scritte e i disegni sui muri del centro storico della città. A distanza di nove anni, attraverso tre sindaci, la controffensiva degli Angeli del Bello, le promesse di vigilanza attenta in città, la battaglia sembra a un passo dall’essere persa. Da via dei Neri a via Santo Spirito, da via delle Seggiole alla stazione di Santa Maria Novella, è un trionfo di muri imbrattati. Una volta, Cioni parlava di graffitari, oggi nell’ambiente si distingue: il vecchio appellativo va bene per chi fa disegni, decorazioni; ma per le tante firme che compaiono su pareti e saracinesche, i tag, il nomignolo in voga è quello di «taggatori». Sono loro i protagonisti della nuova stagione dello scarabocchio: «Una firma e via, nessun intento artistico – spiega chi li conosce bene – sono ragazzini, studenti del Capponi, dell’istituto d’arte di Porta Romana. L’obiettivo è quello di farsi conoscere e di vantarsi. Marcano il territorio come i cani». I tag ricorrono non solo per le vie della città, ma anche sui social network: a volte si tratta della firma di un ragazzo, a volte di una squadra che risponde allo stesso nome, una «crew». La stretta via Pandolfini è la strada più zeppa di tag e graffiti di tutto il centro di Firenze. Più che una destinazione prediletta degli imbrattatori, è piuttosto la palestra in cui allenarsi. Anche perché proprio lì c’è uno dei negozi di riferimento per questo mondo: Ninotchka. La vetrina è piena di graffiti e adesivi, lo stile è quello punk di Camden, a Londra. Dentro una parete intera di bombolette di ogni colore, ai prezzi più competitivi della città, tra i 3 e 40 e i 3 euro e 80 centesimi. «No, non possiamo mettere sullo stesso piano chi fa i tag da chi fa i graffiti – spiega una donna dietro il bancone del negozio – chi fa i tag sono adolescenti, i nostri ragazzi invece sono degli artisti, che in questa città dovrebbero avere più spazio; ci sono solo pochissime zone autorizzate come allo stadio o al parco dell’Albereta». I primi, i taggatori, comprano bombolette ad alta pressione, per scrivere più rapidamente: prodotti che si trovano da ogni ferramenta. I secondi, i graffitari, devono rivolgersi ai negozi specializzati come Ninotchka, che ha (anche) quelle a bassa pressione, fondamentali per le sfumature. Così, si scopre che «chi disegna sui palazzi storici, sulle pietre o sulle porte di legno sbaglia, sui muri “normali” invece va bene». Il titolare del negozio di via Pandolfini, invece, se la prende con «il cubismo degli Angeli del Bello», spiega cioè che sarebbero le loro macchie per coprire i graffiti a rappresentare la vera bruttura. In realtà, gli Angeli da anni fanno corsi di restauro a Palazzo Spinelli, sono in grado di replicare la tonalità esatta di una facciata. Le macchie sono semmai quelle dei proprietari delle case che, stanchi dei graffiti, prendono la prima vernice a portata di mano e danno una passata sulla parete scarabocchiata. «A volte sono costretti a farlo quasi ogni settimana», spiega un Angelo un po’ particolare. Fa il commerciante e da dieci anni, ogni lunedì spende la giornata a ripulire i muri della città. Non vuole che si faccia il suo nome, né soprattutto che si spieghi dove interviene col pennello: «Quello che imputo agli Angeli del Bello, di cui faccio parte, è di rivendicare i muri ripuliti dalle scritte. È un errore, perché così si finisce per sfidare i graffitari e di attirarli come le mosche sul miele. Appena vedono su internet che tal muro è stato ripulito, la notte stessa tornano per spregio a imbrattarlo di nuovo». Il problema, in città, nasce anche dai numerosi edifici storici: lì per ripulire l’autorizzazione del Comune non basta, serve quella della soprintendenza, e i tempi d’attesa sono così lunghi che a volte servono mesi. Insomma, «una battaglia persa in partenza», secondo l’Angelo che spiega a una signora («Venga sotto casa mia, c’è di nuovo una scritta») che non può intervenire in via dei Coverelli. Là, sul retro della chiesa di Santo Spirito, un angolo nascosto è spesso preso di mira dai graffitari, ma anche dai tanti autori di scritte di carattere politico. A peggiorare le cose ci sono alcune situazioni che sembrano fare da calamite a scritte e manifesti abusivi: un negoziante ha il dovere di ripulire l’attività imbrattata se non vuole rischiare di vedersi sospesa la licenza; ma i proprietari delle tante saracinesche chiuse non rischiano neppure una multa. E quindi non intervengono mai a ripulire serrande e vetrine. Peggio va quando ci sono ampi muri completamente vuoti, senza porte né finestre: in via degli Alfani, la lunga parete della facoltà di Lettere sembra chiamare graffitari e poetastri, che incollano lì sopra le proprie rime. Qualcuno si dà anche all’attualità: in Borgo Pinti spunta un disegno contro lo smog, a pochi passi dalla rotonda del Brunelleschi (presa di mira malgrado sia un edificio storico) ecco il guanto di sfida: «I demoni del brutto» è scritto sulla maglietta di un mostro palmipede con tanto di bombolette.
ARTICOLO DI GIULIO GORI DEL 4 FEBBRAIO 2016, CORRIERE FIORENTINO
Commenti recenti