VERONA
Sono spuntati a Roma, a Firenze e a Lecce. Uno è apparso in un treno, nottetempo, fermo ad una delle stazioni della capitale. Sono i quadri rubati dal museo di Castelvecchio la sera del 19 novembre. Purtroppo non quelli veri, bensì murales e graffiti che si ispirano direttamente ad essi. C’è il «giovane con disegno infantile» del Caroto, divenuto il simbolo di questa azione di protesta urbana. È ritratto su un muro in una versione doppia, speculare: da un lato quello «originale», dall’altro in una versione mascherata, come un ladro (o un supereroe) con impresso sulla fronte il numero 17, quante sono le opere trafugate dal museo veronese. Al centro un cartiglio che è la parodia della segnaletica lasciati sulle case dai malviventi -si dice – per segnalare le abitazioni dove è c’è un ricco bottino. C’è il ritratto di Girolamo Pompei, rivisitazione di Giovanni Benini: lo si può ammirare a Roma, in via Isacco Newton. L’anonimo esecutore ha omaggiato l’artista con tanto di firma, in puro stile writer. A Lecce è invece comparsa la cerchia del Tintoretto (il «Ritratto Maschile») chi volesse verificare può controllare in via Palmieri, lo troverà sopra ad una «A» cerchiata. Il San Girolamo penitente di Bellini rivive su una parete in via Toselli a Firenze: il traduttore della Bibbia appare inginocchiato come nell’originale ma, invece della pietra con cui soleva battersi il petto, brandisce una chiave inglese. Al posto del crocifisso, un palo con una bici, a cui è stata rubata una ruota. È il risultato della chiamata alle armi che arriva da una pagina Facebook, «Io non mi lascio fregare», scritta che ricorre su gran parte dei murales, nonché hashtag con cui l’iniziativa si distingue sul web. Il messaggio è stato diffuso il 31 gennaio, con tutte le accortezze per mantenerlo anonimo. «Un pezzettino di quelle straordinarie opere – si legge – è anche mio, è anche vostro! Portiamo un segnale fuori, per le strade e in rete per tenere viva l’attenzione su questo caso letteralmente scomparso, senza lasciare traccia». L’appello si rivolge quindi agli artisti: «Quello che sappiamo fare è dipingere, non perdiamo tempo, facciamolo. L’idea che ci è venuta è di adottare ognuno di noi una delle 17 opere e di realizzare un murale (ma anche un poster o una qualsiasi installazione urbana) reinterpretando a modo nostro il lavoro originale». Lo scopo è chiaro: denunciare non solo l’accaduto, ma anche la velocità con cui l’incredibile furto sarebbe caduto. È quanto si legge anche nel video, pubblicato su youtube dall’utente Bruno Milfo (l’unico nome, probabilmente di fantasia, riconducibile all’iniziativa) che promuove questa specie di «guerrilla marketing progresso»: «In un’ora e 15 minuti (ovvero il tempo necessario a compiere il furto) è scomparsa anche la nostra indignazione». La lista delle opere realizzate è ancora più lunga, e provvisoria: tra le più recenti una Madonna della Quaglia apparsa a Firenze e la riproduzione del paesaggio di Hans de Jode, a Roma. Altri, promette Milfo, sono in arrivo, a Taranto, Benevento, Palermo e Milano. E a Verona, dove evidentemente qualcuno non ha dimenticato il 19 novembre.
ARTICOLO DI DAVIDE ORSATO DEL 16 FEBBRAIO 2016, CORRIERE DI VERONA
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