Il giudice e la writer Alicè “L’arte non è un criterio”

BOLOGNA

L’ARTE non c’entra. Per il giudice Gabriella Castore, che ha condannato l’artista di strada AliCè a ottocento euro di multa per «imbrattamento», di fronte ai graffiti la legge «non può avere come parametro né lo stato di decoro del bene imbrattato né l’eventuale natura artistica dell’opera d’arte che si sta realizzando». Nessuno, neppure un Picasso redivivo, ha il diritto di dipingere su muri non suoi. Ma le motivazioni della sentenza dicono anche altre cose.

AFFERMANO, certo, l’agnosticismo estetico del giudice, che non ha il potere di affidarsi «a valutazioni personalissime e perciò stesso sindacabili legate al valore artistico di un disegno, trattandosi di un parametro legato al gusto e a sentimenti sociali o individuali variabili e spesso influenzato dalle mode». Al giudice, insomma, interessa solo «la lesione dell’interesse giuridico protetto, cioè l’estetica e la pulizia attribuiti al bene di chi ne ha legittimamente la disponibilità», interesse che «viene leso nel momento in cui il bene viene sporcato con un disegno o una scritta», fossero anche le Ninfee di Monet. Ma la sentenza (contro la quale la condannata, al secolo Alice Pasquini, ha già presentato appello) prosegue prendendo in considerazione i meriti artistici di AliCè, che sarà anche «considerata un’artista di un certo livello, ma ovviamente tra gli estimatori della Street art, mentre a diverso e opposto giudizio possono giungere estimatori di altre forme d’arte». E poi la pittrice non ha scusanti “nobili” per la legge, dal momento che avrebbe potuto sfogarsi sui «”muri autorizzati”, ove gli artisti di strada possono esprimere al meglio e legittimamente il loro estro espressivo». Scartata anche la giustificazione del degrado preesistente: per quanto già coperti di scritte, i muri “imbrattati” appartenevano «a immobili che non possono certo considerarsi fatiscenti o degradati» del centro storico che «è di una ricchezza e di una bellezza straordinari». Per essere una sentenza che rifiuta i giudizi estetici, è davvero piena di opinioni sull’arte, gli artisti e la bellezza dell’edilizia urbana.

LA REPUBBLICA

« Graffiti e scritte sporcano i muri Il valore artistico non è un parametro»

Le motivazioni del giudice che ha condannato a una multa la street artist Alicè 

Tribunale che vai, sentenza che trovi. Il dibattito sul valore e i confini della street art non tiene banco solo a Bologna, dove ci si divide sull’iniziativa che riunirà in una mostra promossa da Genus Bononiae le opere dei writer «strappate» da muri e facciate di edifici in via di demolizione, ma anche nelle aule di giustizia. Ne sa qualcosa Alicè, al secolo Alice Pasquini, la writer acclamata in mezzo mondo e recentemente condannata per imbrattamento a 800 euro di multa per i disegni lasciati nel 2013 sui portoni di via Mascarella e via Zamboni e sui muri scrostati di via Centotrecento e al Pratello. A Milano un caso simile ha avuto un epilogo diverso. Il 4 aprile la Cassazione dovrà decidere se confermare l’assoluzione di un writer finito a giudizio per imbrattamento per un murales realizzato in un sottopasso. In primo grado il giudice l’ha assolto riconoscendo le sue capacità artistiche, in appello per la particolare tenuità del fatto. Una via d’uscita che non è stata concessa ad Alicè perché, scrive la giudice Gabriella Castore nelle motivazioni della sentenza, «l’imputata ha operato più imbrattamenti cosicché la sua condotta è certamente reiterata». Passando al merito, la giudice si sofferma sulla natura dei disegni ma solo per chiarire che «l’esistenza del reato non può avere come parametro nè lo stato di decoro del bene imbrattato nè l’eventuale natura artistica dell’opera d’arte che si sta realizzando». Questo perché «l’esistenza del reato non può lasciarsi a valutazioni personalissime e perciò sindacabili legate al valore artistico di un disegno, trattandosi di un parametro legato al gusto e a sentimenti sociali o individuali variabili e spesso influenzato dalle mode». E il centro storico, scrive il giudice, «è di una bellezza straordinaria, non ha nulla a che vedere con le periferie suburbane fatiscenti o abbandonate e cementificate». Il fatto che ad Alicè siano state commissionate opere in mezzo mondo non è rilevante secondo il giudice: «È vero – scrive – che l’imputata viene considerata un’artista di un certo livello, ma ovviamente tra gli estimatori della street art e delle arti affini, mentre a diverso e opposto giudizio possono giungere estimatori di altre forme d’arte». I writer possono esprimere «il loro estro espressivo» ma nelle forme istituzionali, «nei muri autorizzati allestiti in molte città», mentre «non si vede perché debba legittimarsi la forzata accettazione da parte dei proprietari dei muri di forme graffitismo e street art non necessariamente corrispondenti al proprio gusto». E a nulla è servita l’obiezione del legale di Alicè, avvocato Stefania Martelli, che appellerà la sentenza, legata al fatto che gli stessi proprietari degli immobili abbiano riconosciuto il valore artistico dei disegni, per esempio preservandoli quando hanno deciso di ripulire i muri.

Gianluca Rotondi, CORRIERE DI BOLOGNA

ARTICOLI DEL 26 FEBBRAIO 2016

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