BOLOGNA
Conte all’ex Zincaturificio “Questi dipinti sono anche la risposta all’atto di Blu “
«Capisco che è una cosa delicata ma come facevo a non venire a vedere questo posto? Sono l’assessore alla Cultura, non posso non vedere quello di cui si parla, è come se Andrea Colombo si rifiutasse di salire sull’autobus.
Ogni tanto bisogna anche sporcarsi le mani, occuparsi di cultura a Bologna vuol dire questo, vuol dire andare dal “megamuro” al Teatro Comunale». L’assessore Davide Conte ammira l’arte precaria dell’ex Zincaturificio Bolognese di via Stalingrado, pareti affrescate dai graffiti “strette” tra il degrado dell’abbandono e la varia umanità che gravita attorno a quel posto dimenticato. A pochi metri passa il treno, il traffico di via Stalingrado scorre dall’altra parte del muro. Ma lì sembra di essere in un angolo remoto della città.
«Bellissimi questi graffiti, quel ragazzo che dipinge sembra stia danzando – dice Conte in contemplazione davanti a questo luogo nato per fare vedere «la steet art non contraffatta» – speriamo solo che non si facciano male, ce n’ è uno anche sul tetto, e se cade?».
Questo enorme spazio industriale dove lavorano writer a ciclo continuo, e fotografi che vogliono immortalare l’esposizione collettiva “in fieri”, è al centro di tutte le contraddizioni.
Spazio privato ma abbandonato, opere bellissime ma illegali, artisti corteggiati ma “invisibili”. Ci sono graffiti grandi come una casa, realizzati con lunghi pennelli “periscopici” e disegni piccoli come la placca di ferro che indica la presenza di un estintore («questo è facilmente staccabile» scherza Conte). Ci sono sacchetti di mandarini e bottiglie di bibite, perché alcuni lavori richiedono tempo, e ci sono passanti che guardano dalla strada, attraverso l’inferriata, lo storico slogan «Muro pulito, popolo muto».
«L’atto artistico di Blu pone alla città delle domande – dice Conte – e qui ci sono delle prime risposte. Forti, da decodificare, ma questo è un luogo affascinante. Io non sono uno storico dell’arte, sono l’assessore alla Cultura, e qui c’è movimento. Non posso far finta di niente».
Secondo le ispiratrici dell’iniziativa costerebbe circa 40 mila euro mettere in sicurezza questo luogo. «Ma non è solo una questione di soldi – dice Conte – e Blu lo ha dimostrato». Intercettare la street art per le istituzioni cittadine non è facile, non bastano i fondi, i permessi, le liberatorie. «Persino rispondere alla domanda se vogliamo o no le opere di Blu ora esposte a Palazzo Pepoli non è facile – dice l’assessore – io propongo di organizzare un convegno per decidere cosa vogliamo fare come città di quel patrimonio che adesso è al Museo della Città e come lavorare d’ora in poi sulla street art a Bologna». Una cosa appare evidente al responsabile della cultura cittadina, tra i piccioni e i cani che scorrazzano nell’ex Zincaturificio Bolognese. «Dobbiamo capire come adeguarci a questo nuovo bisogno di street art che la città sta esprimendo in modo inequivocabile – dice Conte – c’è la necessità di vedere questa forma d’arte come patrimonio pubblico». Senza dimenticare «le critiche e le denunce fortissime che ci arrivano dai muri».
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