Le scritte sui muri configurabili come reato

CROTONE

SE per caso passeggiando per Crotone si passasse dal centro storico e poi si salisse verso il Castello Carlo V probabilmente non sfuggirebbe all’occhio qualcosa di veramente brutto. Si tratta dell’im brattamento selvaggio dei muri di pregio storico. Ma com’à possibile che i muri del Castello a ridosso del Museo, proprio dove si recano i turisti, siano così ridotti? E’ chiaro che quello che appare non è solo brutto esteticamente, ma lascia intendere una certa trasandatezza e un’evidente mancanza di amore verso la città e verso la sua storia. Le scritte sui muri del Castello sono inaccettabili, perché rappresentano uno sfregio a una struttura antica imponente e importante, inaccettabili sono anche le palazzine che abusivamente hanno creato finestre e balconi all’interno del castello, uno scempio architettonico che è sotto gli occhi di tutti, ma che non è stato fermato e sanzionato. Oggi sappiamo quanto sia importante per una città avere un patrimonio culturale e artistico e Crotone deve ripartire proprio da questo, riappropriandosi del decoro delle sue bellezze. Le scritte sui muri che riportano scarabocchi vanno distinte dal fenomeno del “graffitismo” o “wri ting”. Il writing, ha diviso da sempre chi da un lato vuole vedere in esso una forma di moderna espressione artistica e chi, specialmente i proprietari dei beni che fungono da supporti per le performances dei cosiddetti writers, lo consideri un mero imbrattamento o danneggiamento di quanto di loro proprietà (basti pensare a disegni particolarmente elaborati o alla street art). L’art. 635 e 639 del Codice Penale, qualificano tali atti come reato per danneggiamento, deturpamento e imbrattamento di cose altrui. Sul punto la linea di demarcazione fra il reato di danneggiamento e quello di imbrattamento o deturpamento di cose altrui pare ormai essere più o meno definita. La differenza sta sotto il profilo del deterioramento del bene, perché, mentre il primo reato produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l’uso, così dando luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell’es senza e della funzionalità della cosa stessa, il secondo produce solo un’alterazione temporanea e superficiale della cosa, il cui aspetto originano, quale che sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile. Al fenomeno del writing risulta, pertanto, applicabile l’art. 639 c.p., per il quale viene punito chiunque deturpa o imbratta cose mobili, beni immobili o mezzi di trasporto pubblici o privati con una multa che va sino a 1.000 Euro e la reclusione fino a sei mesi. Qualora il fatto venga commesso su cose di interesse storico o artistico, la pena è la reclusione da tre mesi a un anno e una multa da 1.000 a 3.000 Euro. In quest’ultimo caso, se l’autore è recidivo si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 Euro. Forse sarebbe opportuno che la pubblica amministrazione ricordasse l’esistenza di tali divieti al fine di scongiurare il ripetersi di simili fatti.

ARTICOLO DI PAOLA BELLOMO DEL 11 APRILE 2016, IL QUOTIDIANO DEL SUD

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