Questo non è mio figlio!

CRONACA GENERALE

I reati compiuti da minori sono in crescita. Ma se tanti ADOLESCENTI commettono bravate senza riflettere, sempre più spesso i genitori non sanno COME REAGIRE. Tre casi veri, e un consiglio deciso: non SOTTOVALUTARE

Un incubo per molti genitori: la telefonata o la visita dei Carabinieri che annuncia che il loro figlio si è messo nei guai. Sebbene siano calati gli ingressi negli istituti di pena o di prima accoglienza per i minori, negli ultimi tre anni è aumentato il numero di ragazzi presi in carico dagli Uffici di servizio sociale per i minorenni (Ussm), per un totale annuo di 23.000 adolescenti affidati ai servizi della Giustizia. Alla base del problema, c’è senz’altro una scarsa conoscenza delle leggi, che spesso non collimano con il sentire comune: sovente i giovani considerano legale ciò che, invece, è proibito dalla legge. L’egocentrica illusione di diritti che prevaricano il dovere porta frequentemente i ragazzi a travalicare quel confine oltre il quale non solo si infrangono le norme della civile convivenza, ma anche quelle del codice penale. Le statistiche rivelano, inoltre, che nella maggior parte dei casi i minori provengono da contesti familiari disagiati. Ma sono in crescita i reati tra coloro che chiamiamo “ragazzi di buona famiglia”. Le età più critiche? 16 e 17 anni. Ecco tre casi significativi. SIMONE, 47 anni, informatico «Ha commesso un errore assurdo» «Alle 2,30 di un sabato notte squilla il telefono. Assonnato, capisco dapprima solo: “Carabinieri”, poi realizzo che si tratta di mio figlio di 17 anni. In sella alla moto 250 taroccata di un suo amico, ha saltato un posto di blocco e, quando si è accorto che una pattuglia si era lanciata all’inseguimento, ha aperto il gas a manetta, infrangendo i limiti di velocità. Forse pensava di essere in un film e di riuscire a seminarli tutti, ma alla fine, con ben tre auto sulle sue tracce, i Carabinieri l’hanno fermato e bloccato. Al test antialcol è risultato ben oltre i parametri. Quando sono arrivato dai Carabinieri, i militari erano stupiti e anche arrabbiati per la sciocca futilità della bravata, che poteva mettere a repentaglio la vita di altre persone, compresi loro stessi. La faccia di mio figlio era quella di uno che ha scoperto un nuovo mondo, fatto di conseguenze gravissime. La mia reazione, dopo il panico e lo sconcerto, è stata conciarlo di ceffoni. Un amico maresciallo che era di turno, però, mi ha fatto capire che lo avevano già sufficientemente spaventato loro con l’elenco dei reati commessi. Alla fine, se l’è cavata con multa salatissima, ritiro del patentino, sequestro della moto dell’amico. E, ovviamente, una gran ramanzina da parte del comandante dei Carabinieri. Quella notte, durante il tragitto verso casa lui, scioccato, continuava a ripetere: “Non andrò in galera, vero papà? Non andrò in galera, vero?” Credo che proprio in quel momento abbia capito che cosa comporti infrangere la legge». ELISABETTA, 51 anni, radiologa «Si è fidata di un piccolo spacciatore» «È stato un amico che conosce mia figlia Beatrice a chiamarmi un venerdì sera tardi per dirmi che c’era anche lei, tra una decina di minorenni con età dai 15 ai 17 anni sorpresi a consumare alcolici e superalcolici in un pub cittadino. I ragazzi sono stati identificati dalla Polizia subito dopo aver ordinato e pagato le bevande. Inoltre, nel processo d’identificazione, nella borsetta di Beatrice sono state trovate alcune pasticche di stupefacenti. Al commissariato, ero incredula e sentivo una morsa al cuore: lei era in un mare di lacrime. In quella ragazzina con il trucco disfatto non vedevo neppure mia figlia, ma l’immagine del mio fallimento come madre. Gli agenti mi spiegarono che lei sosteneva di avere quelle pasticche perché un amico le aveva chiesto di tenerle in custodia per due ore. Come aveva potuto assecondare quella richiesta assurda? Beatrice, quasi completamente sbronza, non riusciva a dire niente di sensato a sua discolpa. Il suo fiato puzzolente di alcol mi dava la nausea. Ero affranta e disperata. Solo la testimonianza di un suo amico, che aveva effettivamente visto quel compagno affidarle le pasticche, l’ha poi salvata da una denuncia a piede libero, toccata invece al ragazzo che le aveva chiesto il favore. Ma quella notte è stata comunque un inferno. E io ho scoperto che mia figlia, a 16 anni, non era più una bambina, ma la potenziale complice di un piccolo spacciatore. È stato davvero un bruttissimo episodio. Mio marito l’ha presa di petto e ha ottenuto che si allontanasse da quella compagnia». DARIA, 44 anni, negoziante «Un amico bullo l’ha trascinato» «Quello che più mi ha sconvolto è stato vedere come i ragazzi non abbiano idea di quanto poco ci voglia a commettere un reato e di come poi tutto cambi in un attimo. La storia comincia con mio figlio e un suo amico, che non ho mai voluto frequentasse in quanto già finito in questura per atti di bullismo, che trovano un computer portatile sul treno. I due si collegano a Facebook e accedono così al profilo del proprietario (un informatore farmaceutico), scoprendone l’identità. Lo contattano poi con un profilo fasullo e gli chiedono un riscatto per rendergli il pc. Una bravata per intascarsi qualche centinaio di euro a testa. Solo che l’uomo, davanti a insistenze e minacce del compare di mio figlio, si rivolge ai Carabinieri, che si presentano in borghese all’appuntamento per lo scambio. Risultato: una denuncia per estorsione e minacce, e poi i Servizi Sociali. Mio figlio ha compiuto 16 anni il mese dopo quel fatto: io mi ero sempre illusa che avesse la testa sulle spalle, ma sbagliavo. Mi ha confessato di essersi fatto trascinare dal suo amico, che gli assicurava che non sarebbe successo loro nulla. Non si sono neppure veramente resi conto delle implicazioni di ciò che stavano facendo: era come un gioco. Parlando con i Carabinieri, ho scoperto quello che combinano gli adolescenti di oggi: reati che non avevo mai neppure sentito nominare».

ARTICOLO DI GUGLIEMO PIZZINELLI DEL 20 APRILE 2016, CONFIDENZE

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