Finti miti

Il fenomeno dei graffiti in Italia esiste da diversi anni. L’abbiamo importato dall’America, rielaborato e spesso, come capita nel nostro Paese, siamo riusciti a farci riconoscere come validi street artists che ci invidia tutto il mondo. I ragazzi che negli anni ’80 iniziarono a sporcare i muri delle città, sono cresciuti. Alcuni fanno mostre, altri li insegnano, altri sono chiamati nelle case di moda, altri per allestimenti in eventi o negozi, altri ancora hanno semplicemente lasciato la bomboletta sullo scaffale di casa ripensando, magari con nostalgia, a quegli adrenalinici raid notturni alle stazioni, con il cuore che batteva forte per non essere presi dalla vigilanza dei depositi di mezzi pubblici o dalla pattuglia di polizia.

In tutti questi casi pochissimi hanno pagato per i danni commessi, anzi, alcuni ci hanno guadagnato con “pezzi” fatti su tele vendute a migliaia di euro! Chi l’avrebbe mai detto che anche in Italia, paese traboccante di storia con un patrimonio artistico architettonico tra i più ricchi del mondo, si sarebbe svegliato con questa nuova moda, adesso elevata a corrente o movimento artistico.

Le mostre degli scorsi anni di Keith Haring e Jean Michel Basquiat hanno risvegliato e svecchiato il fenomeno. Le nuove esposizioni e il pubblico presente nelle gallerie ha esteso la notorietà ben oltre la strada. Qualche critico, come spesso capita, ha sproloquiato: si sono inventate le nuove “cappelle Sistine”, si sono affiancati i “graffi” sui muri a capolavori d’arte, si è classificato il vandalismo come nuova espressione giovanile…

 

Le amministrazioni pubbliche più sensibili, dopo che le città e i paesi sono stati deturpati, hanno cominciato a reagire. I politici hanno cominciato a capire che l’appeal di una reazione a tale fenomeno sarebbe stata funzionale per raccattare consensi tra la gente. Così come a New York, con l’operazione “tolleranza zero” di Giuliani, qualcuno in Italia, sensibile al problema, ha cominciato a pensare ad un emendamento per modificare quello che attualmente rimane dell’art.639 del codice penale.

Svariati disegni di legge si sono susseguiti: polemiche, discussioni tra partiti, destra, sinistra, commissioni giustizia, Camera, Senato, lotte interne tra la stessa maggioranza, Pacchetti Sicurezza, nuovi Governi, nuova gente che scrive… Fine 2008: nessuna novità. E per certi versi un’inversione di rotta. C’è chi, tornato da New York, ha caldeggiato la tolleranza zero, ma poi ha lasciato le cose come stanno perché “i muri scritti sono i libri dei popoli”…

 

Nonostante ciò,fortunatamente, i Comuni dal novembre scorso hanno emesso nuove ordinanze perché la sicurezza è importante, perché la gente ne ha bisogno, perché l’argomento attira…

Tra queste anche quella per contrastare i comportamenti di danneggiamento al patrimonio pubblico e privato. Una svolta: sembra che si faccia qualcosa. Si leggono i primi articoli in varie città d’Italia di writers colti  in flagrante: le prime multe, si legge sui giornali, fioccano. Sarà vero? I famosi 500 euro previsti per spacciatori e prostitute saranno poi veramente comminati ai ragazzi, spesso minori, che usano la bomboletta su muri, treni, pullman, macchine…?

Dubbi che nascono spontanei da un passato non incoraggiante. La task force contro il degrado costituita a Milano nel luglio 2007 è riuscita a fermare 40 writers. Il Comune ha gonfiato il petto e con orgoglio ha sventolato il risultato. Sarebbe da chiedersi: quale? Nel calcio non basta giocare bene. Per vincere bisogna segnare. L’avversario può, per ironia, anche segnarti! L’obiettivo è il processo, il goal è l’ammenda da pagare. Fino adesso nessun goal, nessun processo, nessuna ammenda. Tanto bel gioco, tanti proclami d’impegni, tanti articoli da parte di tutti per le operazioni investigative; milioni di euro dei contribuenti spesi per pulire con la beffarda rete dell’avversario: il 25% dei palazzi ripuliti, nuovamente imbrattati; 100 milioni di euro la spesa per ripulire treni e mezzi pubblici; dall’altra nuove mostre per writers che, abbandonando le regole della strada, si lasciano attrarre da quelle del mercato dell’arte; quasi ogni giorno articoli sui vandali che a volte si fanno seguire da giornalisti mentre devastano un treno (ma esistono ancora l’apologia e il concorso di reato?!).

 

Eppure la soluzione esiste. La strategia vincente per “segnare” l’hanno già sperimentata all’estero, funziona, è semplice ed è più economica di quello che accade da noi. Nessuna invenzione tecnologica. L’unico, uovo di Colombo, è il buon senso. Ma non possiamo lasciare che questa misteriosa qualità attecchisca nel nostro Paese: potrebbe essere contagiosa!

 

Il bene pubblico è di tutti si è sempre detto. La gente lo sa, ma spesso se lo dimentica. Iniziative di cittadini che reagiscono al degrado andando in strada a ripulire ce ne sono in Italia, poche, ma ci sono. Le persone che vedono i volontari pulire rimangono stupiti. Eppure è semplice e soprattutto lo si fa anche per loro. Alcuni sospettosi pensano che lo si faccia per un ritorno commerciale (?), altri pensano che siano dipendenti di un’azienda di rimozione graffiti. I più anziani, quando si fermano, li definiscono angeli!

Agli annunci di sensibilizzazione pochissimi aderiscono. Chi risponde alla richiesta sorride dicendo che ha altro da fare…

In queste sacche di indifferenza regna il writer: gode nel vedere il suo pezzo ancora su quel muro, che si fa bello davanti al gruppo (crew) della prodezza commessa, che si esalta al pensiero di un treno che gira con il suo grido di colore.

 

Le amministrazioni reagiscono? Sì, alcune sì, ma il problema è: come?

Se il Sindaco è sensibile a tutelare il territorio e guarda come hanno affrontato il problema all’estero utilizza lo slogan di Giuliani e comincia a pulire. Il “teorema Giuliani” però non funziona se la repressione, parola brutta in Italia (!),  non segue il ripristino delle facciate. Se si smettesse di spendere risorse pubbliche sostituendole con le ammende che dovrebbero pagare i writers avremmo miracolosamente due risultati: chi paga la multa la finisce d’insozzare e con i soldi delle multe le amministrazioni non spenderebbero più i nostri.

 

Se il Sindaco volesse invece avvicinarsi al problema con nuovi metodi più vicini ai giovani, con una nuova comunicazione più simpatica, con nuove teorie pedagogiche (o demagogiche?) conceda pure spazi ai writers, assecondi pure chi imbratta i muri di notte e si lamenta che non essendoci spazi i giovani non si possono esprimere…

Per coloro che sono convinti che ci sia un collegamento tra la concessione di uno spazio e il ridimensionamento di un fenomeno vandalico, è opportuno che studi le statistiche e guardi le città che hanno fatto questo errore. Oltre all’esperienza fallimentare, è anche diseducativa. Si trasmette ai ragazzi un messaggio sbagliato: affinché la legalità sia rispettata si scende al comodo compromesso, o arrendevole concessione, di rilasciare un muro da graffitare!

Che si rilasci pure spazio a chi vuole dipingere con bombolette spray, ma non ci si illuda di risolvere il problema del vandalismo in questo modo. Tutte queste iniziative servono solo agli street artists per diventare famosi e forse alle amministrazioni, nelle migliori situazioni, per riqualificare zone degradate. Nulla di più.

 

Nel complesso e articolato  mondo dei writers si può arrivare a formulare alcune considerazioni   sintetizzabili in tre finte giustificazioni, tre finti miti che una volta sfatati scardinerebbero le inconsistenti giustificazioni:

A.      La concessione di muri o stazioni ferroviarie

B.      La risposta alla pubblicità selvaggia

C.      Riqualificazione di palazzi

 

Del primo punto, già trattato in precedenza, si evidenzia solo la deludente e fallace politica di concessione come scelta per arginare un problema: se volessimo fare esprimere tutti i ragazzi che hanno qualcosa da dire in pochi anni non basterebbero i muri delle città!

 

Chi invece, spesso in modo “latente”, afferma che questo fenomeno sia una risposta alla pubblicità invasiva e talvolta volgare non affronta il problema: non è con lo sporco che si denuncia il selvaggio sistema delle installazioni pubblicitarie e del buon gusto. Il canale per affrontare il tema, ben diverso, della decenza è un altro. Esistono leggi, anche qui non sempre fatte rispettare, sugli spazi urbani concessi e sulla decenza dell’immagine. Chi solleva tale tipo di obiezione per giustificare il vandalismo, farebbe bene a sollevare la questione nei giusti termini non aggiungendo futili provocazioni. Ci si ricordi inoltre che chiunque usufruisca di un’installazione pubblicitaria richiede comunque un permesso pagando il Comune: insomma, rispetta le regole e contribuisce con tale indotto a finanziare l’istituzione.

 

Infine, per coloro che – critici d’arte, architetti, filosofi e giornalisti – promuovono discorsi di riqualificazione usando la spazzatura, che se la tengano pure nelle loro di case. Denunciare l’abusivismo edilizio dagli anni ‘60, criticare i nuovi complessi abitativi e scrivere articoli su squallide periferie dormitorio, non aiuta a risolvere il problema, che pure esiste, dell’edilizia e dell’urbanistica moderna. Come sopra, che si affrontino i problemi senza aggiungerne di nuovi, evitando soluzioni complicate e difficili.

 

In matematica, nelle equazioni, esistono le semplificazioni. Attraverso regole precise si riescono a scomporre numeri apparentemente complessi per ridurli ai minimi termini in numeri primi. Solo e unico obiettivo: il risultato. Si riuscirà a fare altrettanto per un problema così apparentemente banale, ma che per numero di vandali, danni al patrimonio, risorse impiegate e i numerosi disegni di legge per un emendamento mai promulgato, è diventato così complesso?

Andrea Amato
Segretario generale

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