È un dato per difetto. Però aiuta a capire. Dal 2001 negli Usa 542 persone sono morte a causa del taser, le pistole elettriche che trasmettono una scarica potente. L’ultima vittima è Israel Hernandez Llach, un graffitaro di 18 anni, colpito da un agente a Miami Beach. Una morte assurda, che ha destato rabbia e interrogativi su quella che viene definita un’arma «non letale». Israel è stato sorpreso da una pattuglia della polizia all’alba del 6 agosto vicino all’angolo tra la 71esima strada e Collins Avenue, a Miami Beach. Sembra che assieme ad un amico stesse disegnando sui muri di un fast food abbandonato. Su quanto è avvenuto dopo le versioni sono contrastanti. Quella ufficiale è da film. Il ragazzo è scappato dall’edificio, ha scavalcato una recinzione quindi è finito sul cofano di una vettura per poi rotolare a terra vicino ad un agente. Invece di fermarsi, Israel avrebbe ritentato la fuga e il poliziotto ha estratto la sua pistola taser che ha «sparato» due sottili fili che hanno raggiunto il giovane al corpo colpendolo con una scarica. Diverso il racconto degli amici della vittima. L’agente ha prima sbattuto contro il muro Israel, quindi gli ha tirato da distanza ravvicinata. Il ragazzo, a quel punto, è crollato a terra esanime. «Era disteso sull’asfalto, immobile – ha affermato Felix Fernandez -. Loro ridevano, erano crudeli, non si curavano del suo stato».
Israel è descritto da tutti come un tipo che stava lontano dai guai. Le sue opere sono esposte dalle gallerie. «Era un artista protagonista di alcune mostre, un giovane tranquillo, uno spirito speciale – dicono -. Rispettava il prossimo. Non sapeva cosa fosse una pistola o un pugnale, mai convolto in storie di violenza… Desiderava cambiare il mondo attraverso l’arte».
Di origine colombiana, abitava da qualche anno a Miami e si guadagnava da vivere lavorando in un’agenzia di moda, però la sua passione erano la pittura, i murales e la fotografia. «Era un puro, con un grande futuro. Ogni ragazza meriterebbe un Israel Hernandez», sono state le parole della sua fidanzata. Ben più dure quelle dei familiari che pretendono spiegazioni: «Siamo in un Paese che vuole dare l’esempio. Però su mio figlio c’è stato un uso eccessivo della forza», ha dichiarato il padre ai media mentre altri congiunti lo hanno definito «un atto barbarico».
Municipalità e polizia si sono nascoste dietro le procedure. Il Dipartimento ha deciso di sospendere dal servizio l’agente coinvolto, misura che resterà in vigore fintanto che non sarà chiusa l’indagine.
Provvedimento che non rappresenta nulla di eccezionale ma è previsto dai regolamenti. Un ufficiale ha anche aggiunto che l’autopsia non ha evidenziato nulla di anomalo e che sono attesi i test tossicologici. In base al rapporto diffuso dalla polizia il giovane è stato centrato attorno alle 5.14 ed è stato dichiarato morto quaranta minuti più tardi. Le associazioni per i diritti civili si sono subito mobilitate chiedendo che gli accertamenti siano condotti da un’autorità indipendente che analizzi, con attenzione, la condotta del poliziotto. Era necessario usare il taser per immobilizzare Israel? E rappresentava un pericolo per gli agenti? Domande che si legano alle polemiche non nuove sulla pericolosità delle pistole elettriche utilizzate dalle forze dell’ordine negli Stati Uniti. L’arma non dovrebbe causare la morte, ma la scarica elettrica può avere conseguenze più serie del previsto. Anche le condizioni fisiche di chi è colpito possono contribuire ad aggravare l’impatto del «colpo». E del resto se oltre 500 persone hanno pagato con la vita vuol dire che il taser andrebbe usato con maggiore attenzione.
Articolo apparso sul Corriere della sera del 10 agosto 2013 a firma di Guido Olimpio
marco
27 agosto 2013 at 08:58
Mi spiace per una giovane vita spezzata, ma non credo i writer siano da annoverarsi tra coloro ‘che hanno rispetto per il prossimo’. Il rispetto per il prossimo che mi hanno insegnato non contempla lo scarabocchiare sui muri altrui.