Ron English un graffitaro a Roma

«Roman Graffiti» Intervista a Ron English, street artist che ha deciso di colorare il Quadraro

L’ARTISTA HA SCELTO «BABY HULK» PER FIRMARE LE PARETI DEL QUADRARO, PERIFERIA DI ROMA.

Baby Hulk
L’opera, del padre della dissacrante mascotte obesa Mc Supersized , è stata documentata per tre giorni dalle telecamere di Sky Arte Hd che il 3 dicembre gli dedicherà una puntata sulla «Street Art». Per chi non è un addetto ai lavori, la domanda è naturale: chi è Ron English? Una rapida ricerca e si accavallano Andy Warhol, arte urbana e il texano, noto ai più per Abraham Obama il celebre murales di Boston in cui i volti dei Presidenti Obama e Lincoln si sovrappongono. Ron English ha lasciato il suo «segno pop» in via dei Pisoni per un progetto che promette di donare ai cittadini una galleria d’arte a cielo aperto, ovvero M.u.r.o (Museo Urbano Roma).

Cos’è M.u.r.o? «Un’opera di street art realizzata da una partnership di diversi artisti al Quadraro, storica zona di Roma che vanta celebri lotte contro la prepotenza dei poteri forti, le battaglie contro i palazzinari, la deportazione nazista durante la Seconda Guerra Mondiale e che, nel 2004, ha ricevuto la medaglia d’oro al merito civile per la sua resistenza al nazifascismo».

Com’è arrivato a Roma? C’era un progetto? «Sono venuto su invito di David Vecchiato (in arte Diavù, celebre fumettaro/graffitaro, ndr) ideatore del progetto e , il cui incipit principale è “l’integrazione dell’arte nel quartiere”. È la seconda volta che torno a Roma, dopo il debutto nel 2010 all’ex Mattatoio con la mia Guernica . Spero di essere stato all’altezza dell’impegno che mi ha chiesto Diavù. Ho lasciato una parte di me in questo quartiere e alle persone che ho conosciuto, uomini di grande umanità, primo fra tutti il barbiere di Cinecittà preferito da Totò con il quale è nata un’amicizia fatta di canti e musica, lo vedrete nel documentario (il padre faceva lo stesso mestiere a Dallas ndr). Il legame con il territorio è un aspetto fondamentale per un uomo che realizza l’arte di strada e mira ad integrare le sue opere nel quartiere. Un murales è un pezzo di borgata che deve raccontare la vita dell’area, vivere con essa, provocare, far riflettere. È questo aspetto del mio lavoro che mi ha fatto sempre sentire un cittadino del mondo, internazionale. Non mi sento americano».

Ci parla della sua opera? « Il personaggio, The Temper Tot ( il Baby Hulk già realizzato dall’artista un anno fa a Little Italy ndr), ha il volto di un bimbo di due anni e il corpo di Mister Universo. Il contrasto tra la forza della struttura e l’immaturità è un richiamo, un monito ai Paesi potenti con governi inadeguati. Non ce l’ho con un governo specifico, sono modelli che purtroppo si ripetono in tutto il mondo (solo con il primo Temper Tot , English volle bacchettare . . . «Io gioco con le icone della cultura moderna: il marketing ma anche Superman, Mickey Mouse o Batman» pubblicamente Bush, ndr). La faccia l’ho presa in prestito da uno dei miei figli da piccolo, come l’ espressione sul punto di esplodere in una delle tante crisi di pianto che i bambini hanno in quella fascia d’età. Accanto ho disegnato uno dei miei “must”, un angosciante Michey Mouse (utilizzato dall’artista nella sua lotta ai giganti del Fast Food, in occasione del documentario Super Size me di Morgan Spurlock, ndr), sinonimo della “cultura pop americana”, che inquina il mondo con il consumismo, ma al quale ho fatto indossare un’inquietante maschera antigas grazie alla quale è immune dalla voracità del mercato: utilizzo la sua notorietà e combatto il degrado. Entrambi sono in 3D, al contrario dei personaggi sullo sfondo “slavato”, tecnica che dà la sensazione a chi fa una foto di far parte del murales animato da supereroi, in prima linea Batman e Superman icone della lotta contro l’oscuro e della vittoria sul male, e cartoni rivisitati. Per creare più suggestione, inoltre, i personaggi di contorno”monodimensionali” hanno un tratto meno deciso e colori pastello, amati dai bimbi, per dare l’impressione che sono stati disegnati dal piccolo Hulk. L’obiettivo è “coinvolgere la gente nell’arte moderna” senza suggerire un significato esplicito per l’ opera, ognuno troverà il suo e sarà sicuramente quello giusto».

Il suo lavoro a Roma è stato documentato dalle telecamere. «Si, ed è stata un’esperienza straordinaria. In America, a lungo si è discusso sul tipo di format adeguato a raccontare l’urban art. Con questo progetto in onda dal 12 novembre, Sky Arte ha trovato sicuramente la formula migliore. Hanno documentato il murales dal primo dripping fino alla firma finale, un lavoro capillare, creativo nel quale si sono sentiti coinvolti anche gli abitanti del Quadraro, incluso un anziano reduce dei campi di concentramento che è venuto a trovarmi tutti i giorni. È un quartiere popolare straordinario, ricco di storia e incanto».

Cos’è cambiato dai tempi in cui anche il mondo dell’arte vi considerava «bizzarri artigiani»? «In passato, i murales erano visti come “sfregi” che mortificavano il volto delle aree urbane. Il cambio di tendenza è avvenuto a Miami, nel quartiere malfamato di Design District, covo di spacciatori e di omicidi. Era una zona talmente degradata che il Governo decise di acquistare dei muri e di affidarli ad artisti per riqualificarli. È stata la prima volta in cui i pittori di strada, considerati fino ad allora brutti, sporchi e cattivi (ride), hanno avuto l’opportunità di esprimersi legalmente e con calma. Prima, gli artisti della Street Art facevano schizzi scadenti banalmente anche perché avevano poco tempo per completarli, spesso i proprietari dei palazzi chiamavano la polizia per farli arrestare. Per anni, anch’io ho lavorato ai limiti della legalità e, come in tutti i lavori, ci vuole impegno, dedizione per realizzare delle opere. I murales se curati migliorano, dissacrano, denunciano, al contrario imbruttiscono».

Che differenza c’è tra graffiti e Street Art? «I graffiti, in realtà, sono solo delle scritte nelle quali gli autori scarabocchiano dei «nomi d’arte» e dove altri hanno l’opportunità di fare dei Tag. Vengono realizzati spesso in zone illegali e, anche tra gli artefici, non esistono delle regole di comportamento, tant’è che scadono spesso in rivalità selvagge. Con la Street Art si dà vita a “opere d’arte” ed esiste una regola tacita che vieta agli altri di disegnare sopra un murales già tracciato e anzi, se accade che qualcuno imbratti, deturpi una ‘street’, gli artisti si offrono per aggiustarla. Poi, se hanno voglia di arricchirlo con il loro segno, lo fanno accanto non sul disegno realizzato in precedenza. Abbiamo delle principi che parlano di rispetto, correttezza e collaborazione».

Da dove prende l’ispirazione? «Mi affaccio sul mondo, mi guardo intorno. Dalle tendenze di mercato, le band musicali (ama i Kiss ndr), dai cartoni, dalla magia dei totem o dei teschi. Il mondo è pieno di simboli da reinterpretare». Per le presidenziali del 2008 realizzò «Abraham Obama» .

Se dovesse scegliere oggi due personaggi politici italiani, chi incrocerebbe? «In America, l’ho fatto perché pensavo che il paese avesse bisogno, in quel momento storico, di un messaggio al di là del colore politico e, in effetti, mi sembrava che McCain rappresentasse una formula di Governo che aveva “scavato la fossa”. Seguo la politica italiana e ne sono abbastanza impressionato, ma per quanto David (Vecchiato ndr) mi dica che il mio “bambino” ricorda Mussolini, onestamente non c’è una coppia di politici italiani che vorrei sovrapporre (ride). Mi piacerebbe, invece, che si avverasse il sogno di Diavù che pensa di ampliare M.u.r.o., il museo di urban art, all’intero municipio, realizzando un’area unica a Roma un “museo a cielo aperto” che potrebbe diventare uno straordinario luogo di incontro, eventi, mostre e aggregazione per la città» .

Articolo del 22 ottobre di TERESA MANUELA PLATI apparso sull’Unità.

Abraham Obama

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One Response to Ron English un graffitaro a Roma

  1. Fabrizio Rispondi

    22 ottobre 2013 at 17:49

    Perchè Ron dice che “esiste una regola tacita che vieta agli altri di disegnare sopra un murales già tracciato e anzi, se accade che qualcuno imbratti, deturpi una ‘street’, gli artisti si offrono per aggiustarla.”
    Non è assolutamente vero e questa bufala viene detta da questi “artisti”per convincere la gente a concedere loro sempre più spazi.La gente beve la bufala pensando che è meglio avere un graffito che scarabocchi,così non ci saranno imbrattamenti.Ma non è vero.

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