Le indagini Si stringe il cerchio sui graffitari entrati in azione al Prealpino: le stesse scritte sono apparse a Busto Arsizio
Il sindaco al comandante della Locale: «Voglio i responsabili»
Più spazi pubblici per le scritte e lezioni nelle scuole superiori per illustrare i danni
Vernice azzurra: un muro della stazione. Nera: il vagone di Trenord. Con lo spray bianco, ha sfregiato palazzo Cinque Ponti. Busto Arsizio, quattro lettere bulimiche e recidive: Faes. Scritte ovunque. Anche sul metrò di Brescia. Stazione Prealpino, 30 dicembre, notte fonda: quattro graffitari s’intrufolano nel sottosuolo e fanno andare le bombolette. Su fiancata e finestrini del treno compaiono le tag Faes, Fuxia, B&H, Adm.
Le prime tre non sono nuove: una ricerca di pochi secondi su Google e si scopre hanno firmato pure la stazione e il centro di Busto Arsizio. L’ipotesi: l’attacco di Brescia è opera di bustocchi. E’ quello su cui starebbe lavorando la polizia locale, che non conferma e non smentisce. Indagini in corso. La denuncia contro ignoti è stata firmata venerdì mattina dall’architetto Ettore Fermi, di Brescia Mobilità. Le prime piste partirebbero proprio da Busto Arsizio dove, peraltro, due dei tre vandali, un ragazzo di 24 anni e uno di 27, sono stati identificati nel novembre 2012. Gli agenti li avevano beccati su un Suv che girava in piazza Trento e Trieste, con i giubbini sporchi di vernice fresca e l’auto piena di bozzetti con scritto Faes, B&H e Fuxia.
Avessero colpito loro Brescia, la polizia non dovrebbe impiegare troppo tempo a rintracciarli. Ma l’attacco al metrò è stato studiato, pianificato, progettato fino al dettaglio: i writers sapevano benissimo dove fossero parcheggiati i treni di notte e a che ora entrare in azione. Si sono portati flessibile e cesoia per aprire il pozzo d’estrazione ed intrufolarsi nella stazione. Volto coperto, telecamera in spalla, hanno ripreso tutto e postato il video su Youtube. Non è un piano che si decide in un giorno: è possibile che Adm, la quarta tag, sia di un basista bresciano. I graffitari, del resto, si tengono in contatto da tutta Italia su Facebook, Twitter, e altri social network. E se ne fregano delle telecamere di sicurezza: «Servono fino a un certo punto: agiscono sempre con il volto coperto» dice l’assessore alla Sicurezza Valter Muchetti. Al comandante della polizia locale Roberto Novelli il sindaco ha detto chiaro e tondo di portare in caserma quei vandali: «La sua è una mission precisa» conferma Muchetti. Perché i writers rischiano parecchio. In sintesi: danneggiamento, violazione di proprietà privata, imbrattamento. «Vari capitoli del codice penale. Ma la nostra azione non si ferma alla repressione: tra qualche giorno metteremo a disposizione dei graffitari almeno 15 spazi pubblici, in cui potranno sfogarsi in libertà e nel rispetto delle regole. Poi, le scuole: abbiamo contattato un ex writer bresciano, uno che poi si è convertito alla legalità, per parlare agli studenti degli istituti superiori. I ragazzi devono capire i danni provocati dallo spray: estetici ed economici, ma anche ambientali. Sa quanti litri di solvente ci vogliono per rimuovere una scritta?».
Articolo di Alessandra Troncana apparso il 14 gennaio 2014 sul Corriere della Sera
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