“Così si superano i conflitti e si riconosce la nostra arte”

«Certo che lo conosco il progetto dei muri liberi, l’abbiamo presentato noi in Comune». Risponde così Pao, alias Paolo Bordino, mentre è sul treno verso San Benedetto del Tronto, dove deve dipingere delle vele per una regata.
Nasce da voi il progetto, quindi. Funzionerà? «È un primo passo, dopo due anni di incontri.
Oggi anche chi vuole disegnare nella legalità si ritrova per forza fuorilegge, anche se ha le migliori intenzioni e non vuole fare il vandalo. Mentre in questo modo si prova a uscire dal clima di repressione degli ultimi vent’anni che ha portato al conflitto tra il writing e la città». Le pare un contentino? «No, è una buona apertura, oltre un centinaio di muri, poi cresceranno, sono almeno tutti i sottopassi pedonali di Milano in pratica. Attenzione: non è che così si risolva di colpo la faccenda. Ma si dimostra che una collaborazione tra la street art e la città è possibile».
Ha un valore educativo questa iniziativa? «Si, è un discorso anche sociale. È il riconoscimento di una forma d’arte. E poi può far diminuire il vandalismo. A Torino, dopo un’apertura simile, è andata così». Come reagiranno i suoi colleghi? «Ci sarà sicuramente una frangia che si rifiuterà di disegnare solo sugli spazi concessi. Io credo sia una buona idea, un inizio, spero non resti solo un annuncio e che nel tempo si coinvolgano scuole, le zone, la città».

Articolo di Ilaria Carra apparso su la Repubblica del 12 luglio 2014

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One Response to “Così si superano i conflitti e si riconosce la nostra arte”

  1. Arianna Ballestri Rispondi

    12 luglio 2014 at 17:51

    Quand’è però che i writer, che hanno tanto vandalizzato tutto, si metteranno anche le tute bianche e le pettorine di cittadini volontari per andare a risistemare dove hanno rovinato interi quartieri, città, opere d’arte.

    Comodo no? Transitare, per diritto acquisito, da una postazione all’altra, ottenendo pure onori, senza pagare pedaggio e poi lasciar i guai prodotti alla società, sempre e solo, alla società “civile”.
    Arianna

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