La (multipla) realtà emergente Nardacchione, animatore della strada solidale Fondazza: «Molta gente è pronta a collaborare»
«Solo riappropriarsi dei luoghi produce effetti davvero duraturi»
BOLOGNA – «Il nostro scopo è prima di tutto la socialità. Se poi lo stare insieme ci porta a prenderci cura dello spazio in cui viviamo e a pulire i muri, allora lo faremo. Insomma, noi siamo aperti a qualunque proposta e se questa è nello spirito della social street , allora non ci sottraiamo». Ha le idee chiare Luigi Nardacchione, uno dei fondatori della prima strada solidale, via Fondazza. La «chiamata alle armi» fatta da Luca Bottura sul Corriere non cade certo nel vuoto, anche perché la consapevolezza che la città sia sporca e i muri troppo imbrattati c’è, eccome, anche tra i residenti che, nell’ultimo anno, si sono riuniti nelle social street bolognesi. «C’è un degrado incredibile, è vero, e i muri imbrattati sono davvero brutti», dice Nardacchione. Che però spiega: «Ripulire i muri in realtà non è un’operazione né difficile né costosa, basterebbe davvero poco». E non parla tanto per parlare Nardacchione. Le prove le ha: «Ci siamo informati noi residenti di via Fondazza e abbiamo anche fatto il corso dal promotore dell’iniziativa “I love Santo Stefano” che con un gruppo di volontari ha ripulito via Carducci. Con l’impegno di sole quattro persone e un investimento di circa 3 mila euro si può ripulire l’intera via Fondazza. Significa una cifra di 5 0 10 euro a condominio, non di più. Sapete quanta gente sarebbe ben disposta a mettere una cifra così per ripulire i muri della città? Tantissima e tanta in realtà l’ha già fatto». E allora perché la città è così sporca? Manca un raccordo di tutte queste esperienze?
«Probabilmente sì, servirebbe un piano organico per Bologna e le social street potrebbero partecipare. Ma prima di ripulire i muri, bisogna ricreare il senso di appartenenza delle persone, perché altrimenti si fallisce.
Le social street creano le occasioni per stare insieme ed è dallo stare insieme che deriva la voglia di condividere gli stessi luoghi e quindi di preservarli dall’incuria». Insomma, il processo inverso secondo Nardacchione non funziona o, meglio, non dà garanzie di lunga durata. E poi c’è ancora molto da fare per snellire la burocrazia, a sentire uno dei «padri» della via Fondazza solidale. «Manca una regia in città – dice Nardacchione – e c’è troppa burocrazia ancora, per quanto il nuovo regolamento sulla cittadinanza attiva del Comune abbia già velocizzato i tempi. Se un singolo cittadino vuole ridipingere i muri, serve l’autorizzazione del Quartiere e dei singoli condomini, uno per uno. Un privato non può accollarsi tutto questo da solo, il processo va semplificato. E poi chi deve pulire i portici? Sono un dilemma a Bologna: sono un luogo privato ad uso pubblico. Il Comune paghi la vernice, di persone poi disposte a collaborare ce ne sono già tantissime». Più che una «festa laica» per ripulire la città, così come proposto da Bottura, la social street di via Fondazza propone quindi che ciascuno si riappropri del suo «angolino» di città. «Ma Bottura ha ragione: bisogna avere dei sogni, il progetto non è assolutamente velleitario e deve partire dal basso». La social street è nata proprio così e si è diffusa in brevissimo tempo. «Ma non scordiamoci – conclude Nardacchione – di tutte le associazioni che in questi anni hanno contribuito e contribuiscono a riqualificare la città. Senza di loro non si andrebbe avanti».
Articolo di Daniela Corneo pubblicato sul Corriere di Bologna il 4 settembre 2014
Andrea
15 settembre 2014 at 13:49
Sempre e solo parole. Le cose o si fanno o non si fanno trovare gli alibi e´ tipico italiano. Si spendono enciclopedie sul perché non si possono fare le cose, ma mai le si fa.
Serve l´autorizzazione dei singoli condomini, si va pazientemente e le si chiede. Non penso che ci sia un palazzo che dice che si vuole tenere i muri imbrattati.