Tag attack! I writer all’assalto delle metropoli

Raid sempre più vandalici. Una squadra di investigatori per dar la caccia alle bande.

Palazzi imbrattati, auto e furgoni pasticciati, interi treni verniciati, monumenti e palazzi storici coperti di scarabocchi. E ancora: danneggiamenti, scassi e aggressioni. Dai muri delle scuole e da quelli delle periferie i writer sono ormai all’assalto dei centri storici delle metropoli. Non più però con un ‘progetto’ per una nuova estetica delle città : a prendere il sopravvento, con percentuali di crescita a due cifre ogni anno, è ormai il cosiddetto graffitismo vandalico. Nell’era dell’individualismo e della morte delle ideologie, insomma, anche i ragazzi hanno cambiato il modo di interpretare la ribellione generazionale attraverso le bombolette, con sempre meno contenuti e sempre più rabbia.
Ovviamente i writer non agiscono tutti così, non c’è un profilo standard. C’è chi gira mezzo mondo per lasciare la sua firma, chi combatte il sistema diventando una star per milioni di ragazzi, chi lo fa per il brivido del rischio, e chi tagga solo per essere ‘figo’ tra i compagni. Ci sono adulti e minorenni, laureati e non, ricchi e poveri. Tutti accomunati dalla stessa mania, che spazia dall’arte al teppismo, passando per l’hobby e la noia. C’è chi disegna opere d’arte riqualificando brutti muri con opere davvero belle e chi scassina porte, devasta treni e sporca monumenti.
Il fenomeno ha una prima incontrovertibile dimensione: il numero. I ‘tagger’, quelli che lasciano solo firme, gli scarabocchiatori per eccellenza, nelle città sono un esercito. Secondo le stime di una delle meglio informate associazioni che studiano la questione, l’Associazione nazionale antigraffiti, presente in 16 città d’Italia, il fenomeno è in netta crescita. Dal 2012 si registra infatti un incremento di azioni del 15-20% all’anno. E le modalità , appunto, registrano una deriva vandalica: sempre più spesso la tecnica prevede incisione, di vetri o superfici, scasso di infissi, scritte più grandi fatte a rullo, sostanze sempre più indelebili (e pericolose per chi le usa, come l’acido cloridrico o il catrame), con azioni sempre più eclatanti e rischiose, e danni economici sempre più alti. Senza contare che talvolta ci scappa anche il morto, magari per folgorazione, o caduta. “E allora tutti a versare fiumi d’inchiostro sulle cause, sulla società etc…”, dice un cittadino il cui figlio si è fratturato una gamba due volte, e adesso fa parte di un centro sociale milanese attivo contro il degrado urbano.

La rete dei ‘cittadini antigraffiti’

A Milano un esercito di 1.300 writer
Per capirsi, in giro, nel capoluogo lombardo, specialmente al venerdì e al sabato, da mezzanotte alle 5 del mattino, ci sarebbero oltre 1.300 writer. “Un fenomeno enorme – dice un insegnante che preferisce rimanere anonimo – con migliaia di giovani coinvolti, e pochissima attenzione da parte delle istituzioni ai gravi rischi che incontra chi pratica questa attività “. Perchè le azioni delle crew, le bande, non sono solo un danno per monumenti e palazzi, ma quel che più conta spesso espongono i ragazzi a rischi enormi, sia di caduta sia di folgorazione. Come nel caso del 15enne morto nel 2002 durante un raid notturno con altri writer in metropolitana.
A Milano, però, ci sono solo una trentina di vigili, decisi e molto bene organizzati, che “hanno ottenuto – come spiega il Comandante del Corpo, Tullio Mastrangelo – risultati di rilievo creando un ‘modello’ di contrasto davvero efficace, grazie anche all’attenzione e allo stretto coordinamento della Procura della Repubblica, al quale si stanno interessando altre realtà metropolitane”. Conosciamoli.

Se non è illegale non piace
Il secondo grande elemento da tenere in considerazione, quindi, è l’illegalità . Imprescindibile per qualsiasi writer che si rispetti ma al tempo stesso proprio quello che si deve reprimere. E gli uomini del comandante Luciani (una bestia nera, per i writers, che gli hanno dedicato anche frasi di sfida sui muri) su questo aspetto sanno dannatamente il fatto loro. Non sono né supereroi né pretoriani, ma professionisti che sono entrati in quel mondo, hanno studiato il fenomeno, e si sono alambiccati sul codice di procedura penale e sul manuale di polizia giudiziaria fino a trovare il modo più efficace di incidere in questa sorta di caccia, di moderno gioco a guardie e ladri.
Oggi, il Nucleo antigraffiti della Polizia Locale di Milano, ha identificato quasi tutti i writer della città ! Tanto che nella loro sede hanno un archivio con quasi 900 ‘tag’, a cui corrisponde un soprannome, un nome e un cognome, spesso una residenza e altri dati. Sì, perché quasi tutti i maniaci della scritta hanno un punto debole: la visibilità . Vogliono farsi vedere, devono pubblicizzare le loro bravate, e per farlo, in una grande città , oltre a ‘firmare’ il più possibile in giro, è necessario essere presenti sul web. Selfie, video delle incursioni, sfide, gira di tutto. E poi c’è Facebook. Così gli investigatori della Polizia locale devono solo fare un lavoro certosino di incrocio di dati. ‘Ma alla fine li cucchiamo tutti, non ce n’è’, sintetizza in modo efficace un agente davanti a un caffè nel ‘bar dei ghisa’ (così vengono scherzosamente chiamati i vigili a Milano, ndR) di fronte al comando del Reparto radiomobile. E quindi alla fine che succede? ‘Succede che quelli intelligenti – aggiunge – si ravvedono, ammettono le loro responsabilità , e quando va male rischiano di fare qualche mese ai servizi sociali, magari proprio a ripulire le scritte. Quelli ‘duri’, invece, beh, la galera non se la fanno, specialmente se incensurati, ma le loro famiglie rischiano di pagare, tra multe e danni, decine di migliaia di euro. Qualunque padre, e qualunque avvocato, senza alcun dubbio consiglierebbe loro di collaborare’.

Da Bergoglio a Totti, tutti sui muri

L’origine negli Usa. Icona assoluta è Banksy.
Per capire l’origine della situazione in Italia bisogna partire da lontano: da quegli Stati Uniti dove i pionieri di questa tecnica mossero i primi passi e dove però oggi rischiano pesantissime sanzioni se colti sul fatto. Fu proprio in America, a Los Angeles, agli inizi degli anni ’60, che le bande latine cominciarono a dipingere il nome della gang per marcare il proprio territorio nei quartieri. Un giovane portoricano, Julio 204 (204 era il numero della via dove viveva), iniziò a scrivere il proprio nome e non quello della gang senza curarsi dei confini altrui. Sempre negli anni ’60 un ragazzo di New York, in meno di un anno, scrisse il proprio nome d’arte, ‘Taki 183′, 300mila volte e divenne un’icona. Dal 1970 il fenomeno, noto con il nome di Graffitismo, si diffuse in tutti gli Stati Uniti e dal 1980 anche in Europa. Oggi l’indiscussa icona del mondo writer è Banksy, un artista inglese che nonostante sia famoso nel mondo, non rinnega l’illegalità e rimane anonimo rinunciando persino alla commercializzazione delle sue opere che hanno ormai un valore considerevole. Uno dei suoi più famosi murales, quello con gli attori di Pulp Fiction che stringono banane anziché pistole, è stato recentemente rimosso: il suo valore stimato si aggirava intorno ai 400 000 euro. Ma se in Usa lo beccassero, artista o no, finirebbe in galera dritto dritto.
Da noi, invece, un writer straniero, di fatto, non rischia niente, e quindi siamo diventati una nazione turistica per tutti gli imbrattamuri. Specialmente per quelli organizzati in crew (le bande, NdR) le cui tag appaiono in più di un continente: uno di essi, monitorato in una recente indagine, è partito dalla West coast americana, è andato in Francia, a Parigi, poi ha fatto un tour nei paesi dell’estremo Nord, quindi in Spagna, Portogallo, Grecia e infine in Italia: Roma e Milano. Sempre e solo per lasciare la sua ‘firma’. Il tutto in un paio d’annetti passati in giro con incursioni nelle metropolitane, in palazzi pubblici, su tetti e facciate, perfino sui monumenti. Da solo, in due o in gruppo, con amici peraltro non tutti writers, che si mantenevano lavoricchiando o spendendo i soldi di papà , almeno chi tra loro poteva permetterselo. Un altro esempio di queste bande internazionali è rappresentato dal raid di alcuni writer venuti dagli Stati Uniti lo scorso luglio proprio a Milano: Utah, Ether e Boris hanno lasciato le loro firme, taggando con lo spray centinaia di metri quadrati della (segnalati con apposite targhe) sui quali i writers possano esprimersi liberamente senza dover prendere precedentemente contatti con l’Amministrazione. Nella primavera scorsa, proprio a Firenze, aveva suscitato polemiche l’ispirazione artistica di un anonimo writer che si fa chiamare ‘Blub’, che aveva affisso i suoi personaggi in molte strade e vicoli del centro storico. Personaggi celebri del mondo dell’arte, della letteratura, della storia, o figure note di altrettanto arcinoti dipinti e sculture raffigurati con una maschera da subacqueo sul volto. In aprile, invece, ignoti avevano pesantemente imbrattato la statua di Carlo Goldoni, nell’omonima piazza nel centro di Firenze.

Padova – I carabinieri di Padova hanno ‘schedato’ quasi 800 graffiti diversi, e denunciato quattro writers che avrebbero imbrattato i muri con varie tag, 400 delle quali, secondo le indagini, riconducibili a una singola persona. Durante perquisizioni i carabinieri hanno trovato e sequestrato a casa dei quattro oltre cento bombolette spray, decine di bozze su carta di opere eseguite o da eseguire in strada. Sequestrati anche computer e telefonini, dato che i giovani si fotografavano o riprendevano mentre operavano per pubblicizzarsi sui social network.

Bassano – Se a Padova non scherzano, a Bassano nel 2013 ci sono andati giù duri con due street-artist che hanno ‘decorato’ il centro con un centinaio di cuoricini di vernice rossa. Ad essere presi di mira muri e panchine, ma anche palazzi storici, pareti di case di lusso, boutique e anche un portone antico. Nei guai sono finite due studentesse universitarie, entrambe 19enni, denunciate per imbrattamento. E se il Comune di Bassano, gli enti proprietari dei palazzi, i negozianti e i privati si dovessero costituire ”parte civile” a quel punto per loro potrebbe presentarsi un conto salato dei danni, nell’ordine di diverse decine di migliaia di euro. Reggio Emilia – La questura di Reggio Emilia ha chiesto la collaborazione dei cittadini per arginare il fenomeno dei writers e li ha invitati, sin dal 2013, a segnalare al 113 i sospetti.

Bros ‘migliora’ la facciata di una chiesa, parrocchiani la cancellano
Il parroco deve fare i conti con una brutta facciata? E Bros, nota firma del mondo della street art, decide di ‘regalargliene’ una nuova, che viene realizzata di soppiatto. Ma i fedeli insorgono, e allora il religioso deve provvedere subito alla cancellazione. La curiosa vicenda, che sembra riportare alla contrapposizione tra il diavolo e l’acquasanta, è avvenuta alcuni giorni fa in una parrocchia di Milano, e rappresenta emblematicamente l’ultima provocazione in ordine di tempo realizzata tramite l’uso di una bomboletta. “Bros avrebbe anche potuto contattarmi e avanzare la proposta di rifacimento…’ pare abbia commentato don Giuseppe Grampa, 72 anni, parroco di San Pio X, nel quartiere di Piola, pur ammettendo la bruttezza della vecchia facciata. E’ stato “un gesto forte – ha risposto sui media, che si sono occupati della vicenda, il graffitaro – che mi permette di dare una sferzata alle proposte manieristiche che campeggiano ormai da anni”. Daniele Nicolosi, in arte Bros, ha eseguito il primo graffito nel 1996; nel 2003 ha cominciato a tappezzare il capoluogo lombardo con i suoi caratteristici omini cubici colorati, facendosi notare dalla comunità dei writer e dai cittadini. Nel 2007, con due mostre (tra cui una a Palazzo Reale) è stato riconosciuto (anche grazie al sostegno di Vittorio Sgarbi che lo ha definito “il Giotto moderno”) come un vero e proprio artista contemporaneo. E’ stato anche candidato all’Ambrogino d’oro su proposta di un consigliere comunale milanese, suscitando una ridda di polemiche. Fermato dalla polizia milanese mentre disegnava su un muro, è stato denunciato e poi a processo è stato prosciolto. ”Sono contento perchè non ho dovuto pagare tutti quei soldi”, ha commentato precisando anche che avrebbe preferito ”un’assoluzione nel merito”. ”Con questa sentenza, infatti – ha aggiunto – non si è risolto di certo l’enigma tra arte e vandalismo”. Sulla concezione del graffito come opera d’arte, infatti, aveva puntato molto la difesa del giovane, che aveva chiesto l’assoluzione con formula piena. Il Comune di Milano, invece, aveva chiesto la condanna di Bros al pagamento di una provvisionale per un totale di 18 mila euro. Bros non è l’unico writer ad essere ‘amato’ anche dai cittadini: un altro artista apprezzato è Pao, che ha trasformato’ in pinguini i brutti panettoni di cemento per il divieto di sosta.

Sui writers sono stati scritti anche diversi libri. Uno degli ultimi è ‘Il cecchino paziente’ (Rizzoli), in cui Arturo Perez-Reverte apre una finestra sul mondo dell’arte di strada la cui norma di sicurezza fondamentale è: “Scrivi in fretta e squagliatela”. Si tratta di una storia piena di suspence che si sviluppa tra Madrid, Lisbona, Verona e Napoli. Alejandra Varela, detta Lex, 34 anni, è sulle tracce di uno tra i piu’ famosi writer al mondo, Sniper, e finirà per trovarsi protagonista di un insolito intrigo. Un libro che di fatto mitizza i writers, facendoci entrare nella loro filosofia, con i codici e valori del loro mondo. Una rassegna fotografica è invece il soggetto di una mostra che racconta ‘la dura vita dei graffitari italiani’ negli scatti di un giovane fotografo, Valerio Polici, che ha illustrato il mondo forzatamente in penombra dei writers, nostrani e non solo, alle prese con gli stratagemmi per intrufolarsi di notte nelle rimesse delle metropolitane. Ma Polici ha attratto l’attenzione anche del British Journal of Photography, la prestigiosa pubblicazione, che ha pubblicato con convinzione i suoi lavori, e del caso si è occupato anche Neewsweek.

Articolo dell’Ansa apparso il 13 gennaio 2015. vedi link: http://www.ansa.it/sito/notizie/magazine/numeri/2015/01/09/tag-attack-i-writer-allassalto-delle-metropoli_953dd8c4-ccc2-475c-9a82-e1c006e22163.html

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