LA BATTAGLIA CONTRO I GRAFFITI LA GRANDE OCCASIONE DELL’ EXPO

Nel 2015 Milano ospiterà l’Expo, una manifestazione fondamentale per la nostra economia. Sono attesi 22 milioni di visitatori, convinti di ammirare una città ricca di monumenti e di splendide case ottocentesche.
Peccato che la maggior parte di queste opere straordinarie sono state marchiate da irresponsabili, con scarabocchi che dovrebbero rappresentare la sofferta manifestazione della loro arte. Proprio un bel souvenir di Milano e del resto, sarebbe sufficiente che gli amministratori ascoltassero i commenti dei turisti stranieri per prendere qualche provvedimento tipo: proibire la vendita delle bombolette ai minorenni, obbligo di compilazione di moduli per la dichiarazione d’uso delle stesse, evidenziando che cosa comporterebbe in sanzioni, una destinazione diversa da quanto dichiarato. Forse è troppo complicato?
Lamberto Gori
lambgori@gmail.com

 

Caro Gori,
I muri hanno sempre parlato, qualche volta per lanciare messaggi personali («Maria, ti amo»), più spesso per manifestare propositi rivoluzionari. Ma i graffiti dei nostri giorni appartengono a una nuova categoria. La loro prima apparizione risale agli anni Sessanta, quando fioriscono soprattutto nelle grandi città americane; ma attraversano rapidamente l’Atlantico e coincidono con le prime rivolte giovanili. In alcuni casi pretendono di essere una nuova forma d’arte popolare, ribelle e trasgressiva che rifiuta gli strumenti e i luoghi tradizionali dell’espressione artistica. Nella maggior parte dei casi tuttavia sono firme e sigle con cui il «pittore» sembra non avere altro scopo fuor che quello di violare una norma.
Come tutti i fenomeni, anche questo ha una data di scadenza ed è destinato a spegnersi gradualmente nel giro di un paio di generazioni. Dopo averlo sopportato per qualche decennio, le autorità urbane riprendono in mano il controllo della situazione. Ripuliscono i muri, tengono d’occhio l’uso delle bombolette di spray, usano le leggi di cui dispongono per ammonire e punire i trasgressori o ne approvano altre, più severe. Non lo fanno soltanto per ragioni estetiche, ma anche per motivi economici. Non è tollerabile, soprattutto in momenti difficili, che una parte cospicua del denaro pubblico venga usata per ripulire le stazioni, i treni delle ferrovie metropolitane e altri luoghi di generale utilità. Questo è accaduto in quasi tutte le città dell’Europa centrosettentrionale e con qualche maggiore difficoltà in quelle dell’Europa meridionale. Ma il fenomeno, complessivamente, sembra essere nella sua fase calante.
Con altre grandi città italiane Milano, invece, continua a essere una imbarazzante eccezione. Non vi è sindaco della città che non abbia promesso ai suoi concittadini, all’inizio del mandato, la pulizia dei loro muri. E non vi è sindaco, sinora, che non abbia mancato all’impegno. Esistono certamente leggi che proibiscono di deturpare non soltanto l’arredo urbano e le opere d’importanza artistica, ma anche una proprietà privata. Eppure queste leggi, a quanto pare, vengono applicate solo occasionalmente senza un piano organico d’intervento che dia risultati visibili. Se lei ne chiedesse la ragione a un rappresentante della città, della Procura milanese o delle forze di polizia, caro Gori, questi le risponderebbe probabilmente  che esistono ben altri problemi a cui occorre prestare attenzione. Eppure vi sono altre città, anche in Italia, a cui il problema dell’immagine e del decoro è parso meritare un’azione organica concordata fra l’amministrazione comunale, la magistratura e la polizia.
L’Expo è un’occasione da cogliere. Se i muri resteranno sporchi, molti stranieri torneranno a casa con l’impressione che la città del design, della moda e della modernità sia brutta e sciatta. Se verranno puliti e sapremo conservarli tali anche dopo la fine dell’Expo, avremo vinto una battaglia che nessuno sinora ha voluto combattere.

Risponde Sergio Romano sul Corriere della Sera del 9 giugno 2014

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One Response to LA BATTAGLIA CONTRO I GRAFFITI LA GRANDE OCCASIONE DELL’ EXPO

  1. Francesco Gibillini Rispondi

    10 giugno 2014 at 08:17

    Dicono che stanno “aspettano i fondi di Expò per agire a modo loro, poi…”
    Intanto trattano perfino con ostilità i volontari antigraffiti che, abituati ad arrangiarsi e ad agire, lavorano imperterriti e senza aiuto.
    Perché i volontari sanno che non c’è proprio più tempo da perdere. A voi dalla tuta bianche un ennesimo GRAZIE! Anche per ciò che domenica 8 giugno avete fatto per viale Montenero.
    Sotto c’è un frammento di quanto postai a commento di un altro vostro “benedetto cleaning” e, parlando di voi, scrissi:
    “C’è dunque chi pensa che “ANCHE FINGERE DI NON VEDERE” sia grave e colpevole e, comunque, continua a utilizzare il proprio tempo per amore della città!
    Chissà cos’è che cambia così radicalmente le persone appena vanno ad occupare i luoghi del potere?
    Non immaginavo si manifestassero tanto strano menefreghismo e trascuratezza, atteggiamenti incomprensibili, sbattuti in faccia ai milanesi, mentre si sta gridando ovunque al “miracolo di Expò”. Sperano tutti forse nell’intervento celeste di quella “santa anoressica” che è improvvisamente comparsa (con un tappo di bomboletta spray da graffiti volante) proprio a fianco della Basilica di San Lorenzo”.

    Oggi dico GRAZIE anche all’Ambasciatore SERGIO ROMANO, che, scegliendo, proprio domenica passata, di trattare sul Corriere della Sera un argomento, “solitamente sottostimato da troppi per mancata lungimiranza”, lancia un ulteriore allarme. Con la sua prestigiosa firma, esprimendo stupore e perplessità davanti all’evidente immobilismo assurdo di chi guida la città di Expò, ha creato MUSICA DIVINA per le orecchie del VOLONTARI ANTIGRAFFITI e di molti molti cittadini indignati. Chissà che sia questa, finalmente, la chiave magica per aprire anche “le prestigiose orecchie di quei sordi che proprio non vogliono sentire”

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