«La mia pittura da strada vale il caffé della vicina». Jim Avignon «A Ravenna sul cantiere gli abitanti mi aiutavano. Per me dipingere è come meditare»

Ravenna

È stato il primo a dipingere sui resti del muro di Berlino dopo la riunione delle due Germanie, e ora, davanti alle telecamere di MURO, il docu-reality di Sky Arte hd dedicato all’arte di strada, lo ha fatto sui muri di via Gulli, a Ravenna, quartiere preceduto da una nomea di degrado e oggi perlomeno coloratissimo.

Jim Avignon, 48 anni, quotato street artist originario di Monaco di Baviera, si chiama in realtà Christian Reisz. «Ho cambiato nome il giorno che ho capito che avrei dipinto per tutta la vita. Avevo vent’anni ed ero in viaggio da solo, in macchina, in Francia. Ad Avignone buco. Non avevo un soldo, ma tenevo in macchina una scatola di pastelli e il catalogo di una mostra di Dalí. Ho passato una settimana a vendere falsi Dalí per pagarmi il meccanico, e ho capito che mi piaceva».

Come nella tappa seguente della sua formazione, «lontana da scuole e da studi accademici di pittura come una band punk lo è dal Conservatorio: eppure suonano lo stesso, no?». A Colonia per il servizio militare, «perdevo un sacco di tempo in un bar di cui ero habitué. Un giorno sento il proprietario imprecare perché una mostra, che avrebbe dovuto allestire due sere dopo nel locale, era saltata. D’impulso gli ho detto: faccio io. In due notti ho disegnato venti tele giganti, che poi mi fruttarono mille marchi e ci campai sei mesi. Facevo l’artista! E sono molto convinto che ci sia uno speciale valore nel fare le cose senza sforzo, solo perché esprimono una tua abilità. Non potrei fare un altro lavoro».

Nella pittura di Jim Avignon «tutto può diventare un personaggio: oggetti, animali, ma anche caratteristiche astratte», come nel murale che lo ha reso famoso, su una cinta muraria a Bushwick, parte povera di Brooklyn, lunga 60 metri. Ciascuno dei personaggi dipinti da Avignon con il suo stile inconfondibilmente «cartoonesco», dai colori pop e dalle forme bidimensionali, rappresenta un cliché sugli americani. E così le maschere e i volti che affollano la facciata del palazzone che ha colorato a Ravenna rappresentano «i ricordi delle generazioni; il ponte tra gli anziani della zona e i suoi nuovi abitanti, gli immigrati. Quale posto contiene i ricordi più di una casa? E avvicinarli è una forma di integrazione».

Una vocazione più sociale che di rottura, quella della street art di Avignon – che nulla ha a che vedere, precisa lui, con i «graffiti» che imbrattano treni e mura – più o meno da sempre: «Solo da ragazzo andavo con la scala a disegnare sui cavalcavia di notte. Sempre anonimo, non mi hanno mai beccato. Anzi, quando i giornali locali hanno iniziato a chiedersi di chi fossero quelle opere, mio padre voleva che mi facessi avanti. Ma io non ci davo molto valore. È poi stata la mia galleria newyorkese, a cui davo i miei quadri, a iniziare ad assegnarmi muri da riqualificare, d’accordo con le istituzioni, e da allora i luoghi dove dipingere non li ho mai scelti». E il primo risultato «sociale» della sua pittura da strada – oltre alle bonarie critiche «che come ogni artista comprendo» che nel documentario gli rivolgono alcuni anziani del quartiere un po’ scettici – è che, dovunque Jim e i suoi colori si installino, al secondo giorno di «cantiere» c’è chi si offre di dargli una mano. A Ravenna si sono uniti a lui alcuni ragazzi messicani, e ogni volta che l’elevatore meccanico su cui lui si installava per dipingere raggiungeva una finestra, chi ci stava dietro gli offriva una tazza di caffé.

«Io di base lavoro da solo, non sono un pittore-azienda come Damien Hirst, che pure ammiro molto; ma non è il mio lavoro, quello di avere della gente che fa per me le campiture, i dettagli, il “lavoro sporco”, a me della pittura piace tutto. E anche ai miei improvvisati aiutanti: mi dicono tutti che due ore a dipingere un muro sono come meditazione, non se ne vanno più».

Articolo del Corriere della Sera di Irene Soave del 29 Settembre 2015

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One Response to «La mia pittura da strada vale il caffé della vicina». Jim Avignon «A Ravenna sul cantiere gli abitanti mi aiutavano. Per me dipingere è come meditare»

  1. Willard Rispondi

    22 dicembre 2015 at 14:05

    Veramente un bell’post. Visito con interesse
    il blog http://www.associazioneantigraffiti.it. Proseguite con questa grinta!

    ulteriori consigli consultabili a questo link

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